Non ero sicura di voler fare questa recensione, ma d’altra parte, mica potevo far passare un lunedì così, come se niente fosse, senza parlare di cinema!.
Lo ammetto, però, Terry Gilliam non è tra i miei registi preferiti. Penso di poter intuire perché viene considerato geniale da taluni. Immagino che la mia scarsa simpatia sia in gran parte dovuta al fatto che non apprezzo particolarmente il grottesco, e Gilliam, almeno nei due film suoi che ho visto (l’altro, ça va sans dire, è The Fisher King, ovvero La leggenda del re pescatore), ne spande generosamente a piene mani.
Il tocco del maestro si vede senz’altro nel modo in cui tratteggia il capriccio e l’arbitrio, sia nella persona del sultano amante della bella vita, sia in quella del Right Ordinary Horatio Jackson, (che governa la città assediata dai Turchi in cui una scalcagnata compagnia teatrale porta in scena lo spettacolo intitolato al Barone di Munchausen, fino a che il barone stesso in persona si fa vivo). La carica di quest’ultimo è stata tradotta con “Grande Ordinario”, ma si perde qualche sfumatura. “Right” ha a che fare anche con la ragione, nel senso dell’avere ragione, essere dalla parte della ragione. D’altra parte il funzionario in questione si fa un vanto di essere moderno e razionale (la storia è ambientata alla fine del Settecento, ma ovviamente non mancano le allusioni a tempi a noi più vicini), la fantasia non ha spazio nel suo mondo. Nulla di diverso dall’ordinario vi trova spazio, in effetti. Tanto che è memorabile la scena in cui uno dei suoi migliori e più eroici ufficiali (un cameo di Sting) viene condannato a morte perché col suo rischiare al di là del suo dovere demoralizza i normali cittadini e gli altri soldati che vogliono solo condurre una vita “normale, semplice, senza nulla di eccezionale”.
Va detto però che anche la rappresentazione della fantasia è inquietante e non poco. Tutto è eccessivo, barocco, grottesco, appunto. Grandioso, lussureggiante è il termine che mi viene alla mente, con un gioco di densissime ombre e luci scintillanti che pare a volte si confondano e scambino i ruoli le une con le altre. Così come la “realtà” e il teatro, che sono con tutta evidenza entrambe rappresentazioni. Il “vero” Munchausen interrompe lo spettacolo che narra delle sue avventure e inizia a raccontarle lui e mentre racconta, la guerra che a suo dire egli stesso ha cagionato infuria nel teatro. Ma lui per primo sembra propenso a ritenerla un parto della sua mente come tutto il resto. Gli attori della compagnia sono in effetti attori, o sono in realtà i veri protagonisti delle sue avventure? Questa confusione tra fantasia e realtà è un leitmotiv di tutto il film, perché il barone è senz’altro anche la personificazione della fantasia di cui un mondo troppo incline alla razionalità sembra voler fare a meno. La scienza e il progresso sono decisamente bersagli non solo del personaggio, ma anche dello stesso regista. E nei momenti in cui il barone parrebbe arrendersi e tornare ad essere solo un eroe di carta, è l’insistenza della bambina Sally che lo fa “tornare in vita”.
Nonostante la piccola co-protagonista, è tutt’altro che un film per bambini, trovo, e non solo per le parti “spinte”: la morte è sempre presente, la rovina accompagna in ogni momento la magnificenza e ai colori sgargianti fa da costante contraltare il nero. Una visionarietà cupa permea molte delle scene, in cui prevale un gusto del macabro che probabilmente vorrebbe essere umoristico, se non divertente, ma che per me è spesso solo macabro.
Robin Williams, nella parte di Roger il Re della Luna, fu accreditato come “Ray D. Tutto”, l’altro “nomignolo” del suo personaggio, per così dire, e non avrei molti dubbi che questa sia una sua idea, l’italiano era una lingua con cui giocava spesso. Quasi irriconoscibile come sovrano di una sorta di paese dei balocchi trasformato in incubo, che parla con un forte accento italiano (e piazza qua e là frasi in italiano, anche) e non riesce a far andare il corpo d’accordo con la sua testa. Un altro despota, in questo caso però oscillante tra la follia isterica e una rozzezza disperante. Di una bravura da far accapponare la pelle ma questo non c’è bisogno che lo dica.
Che altro aggiungere? Beh… la fotografia è veramente di una bellezza incredibile, c’è una giovanissima Uma Thurman che fa Venere (e chi altri?) e il film fu definito uno dei più costosi flop della storia ma è generalmente molto ben recensito dai critici e molto amato dalla gran parte di coloro (pochi?) che lo hanno visto. 🙂 Indubbiamente di grande fascino, per molti aspetti.
L’articolo l’avevo postato ieri sera, lunedì appunto, ma si dev’essere perso nei meandri di WP perché non lo trovavo più tra i post pubblicati… Mah!
Aggiornamento: ho capito cosa era successo, l’avevo salvato come pagina invece che come articolo, più che i meandri di WP qua c’entrano quelli della mia testa, mi sa… 😦
Sono una dei pochi, a me è piaciuto 🙂
Ma sai, per certi aspetti potrei dire che si tratta davvero di un film splendido. Proprio quello di cui parlavo nella recensione, questa voluta commistione di aspetti di luce e ombra, di infantilismo malato e di saggezza infantile, di teatro e di vita, di sfarzo e di rovina. Non c’è dubbio che Gilliam abbia un occhio molto acuto nell’osservare ciò che guasta il mondo e riproporlo con quell’umorismo grottesco che lo mette in evidenza proprio mentre sembra divertircisi. Solo che, ecco, ho come l’impressione che (ad eccezione della bambina, forse), la sua capacità di osservazione riguardi soltanto i guasti e non veda speranza nel reale.
C’è un pessimismo senza appello su tutto quello che è ragione, come se l’unica possibilità di salvezza stesse nel rifugiarsi nella fantasia. Tu sai quanto sia importante per me la fantasia, ma mi sembra riduttivo.
Penso anche che ci sia un bello spunto nel Re della Luna (e nella sua Regina), che rappresentano chi cerca di separare le cose elevate da quelle più “basse” corporali, finendo per scindersi in una doppia follia, una parte che vede solo lo spazio siderale e il sovrumano e l’altra del tutto animalesca, come dire che mettere insieme le due cose è sempre necessario per il nostro equilibrio. Però è un po’ tutto buttato lì, una gran congerie di ingredienti che avrebbero potuto essere sviluppati ognuno in una storia sua e che messi lì tutti insieme finiscono per essere un po’ frastornanti.
Poi forse tutto si riduce semplicemente al fatto che come ho detto, non amo il grottesco ed è solo un problema mio 🙂
Detto questo, c’è Robin. E quindi.
😀
È indubbiamente un film barocco, c’è molto, troppo, di tutto e molti spunti sono lasciati in embrione. Sicuramente avrebbe meritato uno sviluppo più lineare della trama ma non sarebbe più la poetica del regista, che tende a tacere molto per far lavorare forzatamente l’immaginazione di chi guarda.
I reali della luna sono tra i miei personaggi preferiti e poi ovviamente c’è lui 🙂
Devo assolutamente vederlo: è una mia lacuna.
Io però apprezzo moltissimo Gilliam e quindi è naturale per me sia una lacuna. 🙂
Altrimenti non saresti tu 😉
Guai se lui non fosse lui 😀
Vero! 🙂
No, merita, decisamente merita e sai una cosa? Ho iniziato con quella perplessità (che del resto in parte rimane perché davvero, io e il grottesco andiamo proprio poco d’accordo). E poi, man mano che andavo avanti e rivedevo il film, tra l’altro, per fare la recensione con immagini “fresche”, mi sono resa conto che l’ho apprezzato molto più di quanto credessi. Non so, mi sono sorpresa del fatto che finita la recensione, rileggendola ho pensato “bé, io un film così lo guarderei”. E infatti alla fine, senza parere, l’ho visto 3 o 4 volte. E certe cose mi sono rimaste comunque impresse anche dalla prima volta.
Se vuoi provare un Gilliam molto forte ma allo stesso tempo grottesco e romantico, prova a vedere Brazil. Molto del mio modo di pensare si è evoluto anche grazie a quel film (film che vanta un cast a dir poco fenomenale).
Mmmh non sono sicura di voler provare. Ci sono aspetti come dico che mi hanno affascinato ma è una poetica molto, molto distante dal mio modo di essere. Quel suo essere così tanto, tanto visionario, troppo preda di quei suoi demoni che poi attribuisce agli altri e al mondo. Ho la vaga idea che due film per me siano già quasi troppi. Comunque, visto che sei tu a suggerirmelo, ci penserò seriamente
Brazil è un film sull’amore nella società della burocrazia. Guarda una scheda tecnica del film e poi decidi (non voglio influenzare troppo). 🙂
Influenza, influenza! 🙂
Comunque sono già andata a dare un’occhiata alla scheda. Ci tornerò…
Non vorrei sembrare un cattivo maestro noioso. Ma se lo vedi poi dimmi come riesci a sentire la canzone principale del film!
Un cattivo maestro noioso rischia di essere terribile 😛
Però un buon maestro interessante è una rara combinazione che va coltivata
Per questo non uso concimi su di me!
Meglio innaffiarsi con un vinello di quello buono 🙂
Già!
🙂
Questo film è il secondo nella bradi-lista dei film più sgangherati, il primo è Mr. Hula-Hoop! Per contro, Brazil è un capolavoro ❤
Come bellissimi sono (quasi) tutt i film dei fratelli Coen ❤
Bacio
Sid
Cosa intendi per “sgangherati”? Come ho detto, non è il mio genere anche se in parte mi sono ricreduta, ma non credo sia un film non riuscito. Mi pare che il regista abbia comunicato precisamente il messaggio che voleva, a te non sembra?
Non conosco Mr. Hula Hoop quindi non posso fare un confronto… 🙂
Il messaggio nel film c’è, per carità, ma è confuso, inespresso, o meglio, inspiegato, eccessivamente barocco, arzigogolato: insomma, Gilliam se la filma da solo, non condivide la sua anima con il pubblico, ma solo la sua ottica, la sua vista estetica prevale, e assale! Punto fermo, esaltante rimane l’interpretazione di RW, tuttavia non basta a reggere il palco. La presenza della Sally con il suo ripetitivo “perchè” è odio allo stato puro!
Bacio
Sid
Che sia barocco e arzigogolato non c’è dubbio, ed è verissimo che l’estetica assale, ma d’altra parte credo sia proprio quello che lui voleva. Poi non so, non sono sicura, alla fine a parte RW (che fa poco più che un cameo comunque), mi pare in fondo che sia un po’ come diceva Mela, la poetica di Gilliam, piaccia o no (io poi ho visto solo due film come ho detto quindi magari posso sbagliarmi) sembra proprio un buttare lì spunti di riflessione, fantasmi, anche incubi magari, anzi direi spesso, démoni, illusioni e mischiarli con una “realtà” che poi non sai mai se sia davvero la realtà o parte del sogno. In questo momento sto pensando anche al Re Pescatore, altro film che ho trovato per certi aspetti di un fascino pazzesco e per altri estremamente deprimente e anche in quel caso, eccessivo. Ma è proprio il suo tipo di regia che è così e probabilmente in effetti vuole coinvolgere lo spettatore e costringerlo a riflettere sul mondo che crede di vedere e di conoscere.
Questo rimane un film incompiuto: nella sua immaginazione Gilliam si perde, a sprazzi ci fa intravedere l’intreccio tra fantasia e realtà che avrebbe, forse, voluto esprimere, ma che non esprime appieno. Insomma, non c’è quella magia leggera e misterica di Brazil, quell’ipnotismo scenico che sospende il fiato in un’apnea sconvolgente. Nella Leggenda del Re Pescatore ci sono aspetti come colpevolezza, miseria, amore, pazzia e senso di libertà che, invece, nel Barone non hanno espressione logica.
Bacio
Sid
Non sono del tutto d’accordo, comunque mi sa che devo proprio vedere ‘sto Brazil 🙂
Brazil val bene una visione 😀
Bacio
Sid
Questo film mi manca, lo metto nella lista “da vedere”. Con Gilliam ho qualche problema: a volte mi piace tantissimo, altre per niente. Vedremo da quale parte Munchausen farà pendere l’ago della bilancia 😉
Tutto sommato penso che ne valga la pena, certo come si diceva è caotico e ridondante ma è molto particolare, per niente banale.
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