Le persone che seguono i miei vagabondaggi in questo blog da un po’ di tempo sanno che Neruda è uno dei miei punti di riferimento letterari… anche il titolo del blog del resto è dovuto a lui 🙂
Lo considero un genio, nella mia ormai antica recensione su Anobii aggiungevo: un genio, ma anche umanissimo, che non è scontato. Questo libro, secondo me stupendo, raccoglie in parte le sue memorie, forse sarebbe meglio definirle tracce della sua vita. Non è una vera autobiografia come siamo abituati a conoscerle. Ma preferisco lasciare direttamente la parola a lui (e scusate per la foto sfocata, può essere che la cambi se riesco a scattarne una migliore ma non credo stasera).
Queste memorie o ricordi sono intermittenti e a tratti si smarriscono perché così appunto è la vita. L’intermittenza del sonno ci permette di sostenere i giorni di lavoro. Molti dei miei ricordi sono svaniti ad evocarli, son divenuti polvere come un cristallo irrimediabilmente ferito.
Le memorie del memorialista non sono le memorie del poeta. Quegli è vissuto forse meno, ma ha fotografato molto di più e ci diverte con la precisione dei particolari. Questi ci consegna una galleria di fantasmi scossi dal fuoco e dall’ombra della sua epoca.
Forse non vissi in me stesso; forse vissi la vita degli altri.
Da quanto ho lasciato scritto in queste pagine sempre si staccheranno – come negli albereti d’autunno e come al tempo delle vigne – le foglie gialle che vanno a morire e le uve che rivivranno nel vino che è sacro.
La mia vita è una vita fatta di tutte le vite: le vite del poeta.
(Pablo Neruda, Confesso che ho vissuto, Oscar Mondadori 1976, traduzione di Giulio Stocchi e Savino D’Amico)
Poesie d’amore. Io ho quello. Letto almeno 10 volte.
Sono bellissime, ma secondo me tutte le sue opere lo sono e come osserva lui stesso, è poeta sempre, anche quando racconta la sua vita e i suoi ricordi. Io lo adoro 🙂
Sono d’accordo con te!
Ciao, Alex
🙂
Ne sono molto felice! Grazie, ciao, buona serata 🙂