Da quanto tempo non ti sognavo, tanto da chiedermi se sarebbe più successo, se forse – guarda che pensieri vengono, a volte – penso troppo a te per poterti sognare.
La notte scorsa a Genova c’è stato un temporale violentissimo, il rumore dei tuoni pareva quello di giganteschi massi che rotolassero su un tavolato di legno, o altro materiale ottimo conduttore di suoni. Tra le due e le tre, più o meno, e sono rimasta sveglia a sentire quel rombo che mi intimorisce sempre un po’, e ad ascoltare il suono sferzante del fiume d’acqua che – per un tempo non lunghissimo, per fortuna – si è abbattuto sul terreno. Non ridere, in dormiveglia siamo così indifesi di fronte ai nostri pensieri, talmente indifesi che io ho lasciato entrare l’idea che tu fossi arrabbiato con me per qualche ragione. Mi sono riaddormentata non so neanch’io dopo quanto. E ti ho sognato. Nel sogno ti ho chiesto come mi vedevi, e tu hai detto una parola, sembra impossibile ma non c’è stato modo di ricordarla, dopo. Qualcosa che si avvicinava a “dura”, ma non era quella. Forse era una parola che avevi inventato tu, come tante altre, quando te ne serviva una che non c’era, te la creavi. Eppure nel sogno l’ho ripetuta e sapevo bene cosa voleva dire, ti ho detto che mi avevi fatto riflettere, poi da sveglia mi è venuto da sorridere, dai, lo fai già sempre, anche nei sogni, poi…
A un certo punto so che stavo piangendo, non solo perché quello che avevi detto mi aveva colpita, ma perché nel sogno sapevo che eri morto, anche se potevo toccarti, avevo la mano sulla tua (ah, quelle mani…), piangevo e tu hai fatto un gesto e una smorfia che mi hanno fatto ridere, e ancora una volta, sia nel sogno sia più tardi, da sveglia, ho pensato, non per la prima volta, che sei sempre stato l’unico che ci riuscisse, voglio dire a farmi piangere e ridere (e riflettere!) nello stesso identico momento. Ti ho messo la mano sul ginocchio e ho cominciato a “intervistarti”, perché nel sogno c’era anche questo, dovevo chiederti delle cose, che riguardavano te, i tuoi pensieri e il tuo lavoro, ed eravamo in questo rapporto strano, come se ci vedessimo per la prima volta, e non ci conoscessimo, eppure con una sorta di intimità immediata. Il mio era un gesto protettivo, di tenerezza e anche di ricerca di protezione; in quel momento da chissà dove sono arrivate le note di una canzone che conoscevo, e io ho cantato un solo verso, ma sapevo che lo avevo fatto con tutta l’anima; tu stavi guardando da un’altra parte, ti sei voltato, e il tuo sguardo, quello sì, lo ricordo benissimo. E’ che non so e non voglio descriverlo. So che mi sono svegliata, molto prima che suonasse la sveglia, e mi sono sentita felice, e forte della tua forza gentile, e forse ero ancora stordita, ma questa volta l’idea da cui mi sono lasciata attraversare in quello stato di subcoscienza era che tu abbia sentito, capito le ragioni per cui ti penso e scrivo di te, e che abbia voluto “dirmelo”. Forse, questo dialogo così dolce da essere a volte feroce, ci avvicina davvero.
Bello
Grazie 🙂
Bello davvero
Grazie! :*
il dormiveglia stimola i pensieri più preziosi. difficilmente raccontabili, ma tu ci sei riuscita
Tra sonno e veglia o proprio addormentata?
Il sogno era un vero sogno fatto proprio da addormentata, certi pensieri invece mi sono arrivati tra il sonno e la veglia ☺
I pensieri tra sonno e veglia sono ….non ho l’aggettivo adesso….qualcosa di così vero e magico!
Che emozione bella.
Sì, dolcissima e intensa :*