Per ridere davvero, bisogna prendere il proprio dolore e giocarci, diceva Chaplin. Anche per scrivere davvero, mi permetto di aggiungere.
Da bambina mi piacevano, quei giochi in cui costruivi qualcosa e poi cambiavi idea e provavi con altro. Una casa con un prato davanti, qualche albero, animali. A volte un fiume che aggiungevo io, non fatto coi mattoncini, ma con la stagnola. Poi la casa poteva diventare una specie di aereo, o una specie di nave. Sempre una specie di qualcosa, perché tanto brava a costruire non lo sono mai stata, o comunque non ero mai contenta di quello che usciva fuori.
Scrivo così, in questo momento, riparto dalle fondamenta della casa e ci costruisco sopra, invece, una nave; introduco elementi che, come il fiume di stagnola, non facevano parte del gioco originale; prendo gli eventi che hanno dato forma alla mia vita e li trasformo in parole, li porto fuori da me, li rendo leggibili, è un gioco. Penso, aggiungo, tolgo, modifico, plasmo. Sfoltisco, taglio, alleggerisco, e il dolore diventa materiale tangibile, concreto, lavorabile. Non può più nascondersi dentro il mio corpo e farne rifugio, ma così si vede, si sente maggiormente, vive di vita propria. Vicino, lontano, il mare che va è lo stesso mare che torna, ma non è più uguale. Posso sentire le gambe che tremano un po’, le ginocchia forse cederanno, ma non cadrò.
È pur sempre un gioco.
dovrebbe diventare una filosofia di vita!
Il gioco e’ una cosa importante. non sempre facile come sembra, ma si’, andrebbe usato di piu’, anche nelle cose a cui di solito non viene associato
basta saper giocare ❤
Eh, appunto… :*
Bentornata, che piacere rivederti su questi lidi!
Non cadere… Mai☺
Nel tempo gambe e ginocchia si sono fatte piu’ forti, e se proprio dovessi perdere l’equilibrio vuol dire che volero’ 😉 ❤
certo è un gioco a comporre e scomporre come se fossero i mattoncini di lego, la nostra vita.
Esattamente. la nostra vita, e il modo in cui la raccontiamo, vivendola, e viceversa.
è vero