#Film del ’29 – The Skeleton Dance e Mickey Mouse – The Haunted House.

Siamo tornati oggi da New Orleans, luogo del Voodoo Festival, che estende le celebrazioni di halloween a una settimana almeno. Non ce la faccio a scrivere quasi niente, però. Bel viaggio, ma ve ne parlerò nei prossimi giorni. Per adesso vi lascio i primi due cartoni di Walt Disney, 1929, The Skeleton DanceMickey Mouse – the Haunted House, visto che tra l’altro sono in tema con il periodo.

Non-senso

Non so cantare la terra sotto i piedi,
questo dolore concreto, le cicatrici che lasciano
i piatti rotti, gli urli rinchiusi tra i muri delle case
o nelle nostre gole sconfitte
impalate a un silenzio d’incomprensibile condanna.
Vedo pietre di parole scagliate sui nostri amori
o sui passanti distratti, indifferentemente,
solo per il niente di meglio che abbiamo da fare.
L’odio solido che ci intrappola nell’insperanza
mi toglie il senso e il senno, e vago, come
quelle anime per sempre intrappolate
in quel tratto d’aria che non è cielo
e non vuole neppure diventarlo.
Vedo l’inganno di cambiar nome alla paura
Impastando a capriccio memorie al posto delle torte,
e invenzioni senza immaginazione o meraviglia,
spargendo un poco di zucchero al velo
perché l’amaro non si veda, e nessuno si accorga
che la torta, comunque, è bruciata da un pezzo.

#Film 1928 – The Circus, The Cameraman, The Last Command

Uff! Mi ostino a riprovarci, ma la comicità di Buster Keaton proprio non mi diverte. Il film di Chaplin non è comico, anzi, direi notevolmente triste. Nessuno dei due film è brutto, intendiamoci. The Cameraman, poi, è considerato un capolavoro, e se vi diverte Keaton, è senz’altro più adatto a una serata di relax. Su Chaplin si può contare per una visione poetica, pur se malinconica, anche in questa pellicola ritenuta “minore”.

The Last Command di Sternberg invece mi è piaciuto molto. Emil Jannings ha vinto il primo Oscar come miglior attore protagonista per il ruolo del generale russo Sergej Alexander, cugino dello zar, la cui vita cambia radicalmente in peggio dopo essere miracolosamente sfuggito alla morte nel corso della Rivoluzione. Proprio le dolorose circostanze che hanno accompagnato quegli eventi lo hanno segnato nel fisico e nel morale. Quando un suo vecchio nemico rivoluzionario (interpretato da William Powell), nel frattempo diventato regista in America, scopre il suo nome nell’infinita lista di chi cerca lavoro come comparsa, decide di assumerlo con l’intenzione di umiliarlo…

Una storia senza buoni e cattivi, con un personaggio femminile (la rivoluzionaria/amante di Alexander) sufficientemente complesso da essere considerato di notevole modernità, in un film che non ha morali chiare da diffondere, ma parla di arroganza punita, di orgoglio e caduta, di dignità e di fortissime emozioni in un quadro storico più generale. Raccontare la Rivoluzione russa nella sua verità non era affatto l’intento di Sternberg, che sembra piuttosto usarla come sfondo e come esempio dei grandi eventi che possono in qualunque momento travolgere i singoli.

Infinita presenza

Le mie parole sono rosse,
urlo di fuoco e sangue,
d’albero tagliato, di dolore incolto
nella gola stretta da una voglia di morte
vissuta ogni giorno, da una pretesa
immorale di vita data o tolta
per capriccio, da chi decide
se merito il mio tempo, le cure
o le ferite ricevute, le tacche sui muri
affamati di ragnatele, o i cerchi
sui tronchi nudi del frassino abbattuto
perché fa paura la fecondità del mondo.
Ho l’anima schiacciata sotto il corpo altrui,
ma non taccio. Parlerò dai rami
protesi verso il cielo, dalle radici
scavate fino agli inferi; avrò voce
d’uccello implacato, il nitrito
di un’interferenza nel segnale radio
che attraverserà le pareti
e vi verrà a cercare. Non avrete
il mio silenzio, la sopportazione
della ferocia, l’angolo chiuso
di una paura sottomessa e schiva:
parlerò da viva e da morta, dalla terra
e dal mare, non ci sarà luce né ombra
dove non voli il bianco uccello
della mia voce di tempesta.
Le mie braccia di luna solleveranno
il mare, la mia bocca si farà vulcano;
sono marea, grazia indomabile,
la forza dell’oceano che si fa seme.
Sono arma e musica, violino
e arco teso e freccia tra le stelle.
La mia voce
la porterò in volo
viva
infinita presenza
rifranta sugli ormeggi tra le navi
moltiplicata in milioni di gocce,
piccoli corpi d’acqua che spezzeranno
le corde alla mia gola
e il vostro silenzio
rotto
dallo scroscio assordante
di un giardino che nasce.

Verso New Orleans

Bene, anche l’ESTA è a posto, richiesta approvata! non mi sembra neanche possibile ma mancano poco più di dieci giorni alla partenza per New Orleans.

Non ho neanche un decimo delle aspettative che avevo verso San Francisco. Quelle, del resto, potevo permettermele, perché ci sono delle volte che sai perfettamente, nel più profondo del cuore, che un luogo ti corrisponde. Non avrei potuto rimanere delusa, perché amarla era una scelta, una decisione tanto istintiva quanto consapevole. Senza perdere neanche un’oncia dello stupore per la bellezza del nuovo e dell’ignoto, quando l’ho vista è stato come se la conoscessi da una vita, praticamente senza difficoltà nell’interpretare le sue strade, i suoi incroci, i collegamenti e le direzioni. Mi sono sentita esattamente “dove dovevo essere”.

New Orleans è una delle città che da anni vorrei vedere. Amo i libri di James Lee Burke, tra i pochissimi gialli che leggo, sono davvero scritti a ritmo di blues. Inoltre, ci vado per un motivo che mi inorgoglisce alquanto, per tenere una conferenza (io, una conferenza! Ma pensa te!). Resta comunque uno dei mille posti che vorrei vedere, e di cui sicuramente potrei innamorarmi, ma senza provare quel senso così forte di appartenenza. Vi saprò dire, il conto alla rovescia è iniziato, partiamo il 23. Sono comunque sicura che sarà un viaggio bellissimo!

#Film anni 20 – The Wind

Un film notevole, del bravissimo Victor Sjöström, che aveva a cuore il tema del rapporto tra uomo e natura ed ebbe, pare, una profonda influenza su Ingmar Bergman. Gli effetti sonori straordinariamente sinistri, ossessivi, sono perfetti per sottolineare le devastanti conseguenze del vento, che inaridisce la terra e rende le emozioni brucianti, amplifica i desideri, le paure e le frustrazioni. Non conoscevo il film, era uno di quelli consigliati su Mymovies e devo dire, meritava. Protagonisti molto espressivi: Lillian Gish interpreta Letty, Virginiana sprovveduta ma assai determinata, che raggiunge il ranch del cugino pensando di trovarvi prosperità. In realtà si tratta di una terra arida e desertica, battuta da questo vento di tempesta che gli Indiani, nel momento della sua massima ferocia, identificano con un cavallo demoniaco. La gelosia della moglie del cugino (Dorothy Cummings) è tale da spingerla a cacciare Letty, constringendola a sposare il rozzo cowboy Lige (Lars Hanson). Letty in effetti è attratta da Lige – e non a torto – ma i suoi modi alquanto lontani da quelli a cui è abituata la spaventano al punto da pretendere un matrimonio “bianco”. Molto evocativa la scena in cui si vedono solo gli stivali di lui e le scarpe di lei, e tutte le emozioni stanno nel movimento dei piedi. La bufera rischia davvero di far impazzire Letty, ma quando un vicino, approfittando dello stato di prostrazione in cui si trova, la violenta (o tenta di), lei…