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Mese: novembre 2018
#Film anni ’30 – Little Caesar, The King of Jazz, City Lights e Sous les Toits de Paris (anzi, Le Million)
Little Caesar Ecco, veramente mi aspettavo moltissimo, forse troppo. Un bel film, ma forse troppo poco nelle mie corde, nonostante il grandissimo Edward G. Robinson. Vale comunque la pena, se siete collezionisti di vecchi film o comunque avete voglia di ripercorrere la storia del cinema (e/o del noir). Lui, il Piccolo Cesare, un piccolo malvivente di origine italiana, ambiziosissimo, entra nelle grazie di un boss e percorre una rapidissima carriera, mentre il suo amico fraterno Joe (Douglas Fairbank Jr. in uno dei primi ruoli, se non proprio il primo) presto fugge per non seguire quella strada. Little Caesar conoscerà poi un’altrettanto fulminea caduta, della quale sarà causa in buona parte proprio l’amicizia con Joe. Presentato come molto violento, in realtà ai nostri occhi scafati appare piusttosto statico e con personaggi macchiettistici e poco credibili, anche se Mervyn LeRoy, intendiamoci, è sempre Mervyn LeRoy e comunque qui parliamo dei primordi di un genere, probabilmente all’epoca era davvero innovativo, ed è ancora considerato uno dei grandi capolavori di tutti i tempi.
King of Jazz non è tanto un film, neppure un musical, ma un insieme di pezzi musicali e balletti intervallati da cartoni animati, sketch, battute, piccole gag. Prima apparizione di Bing Crosby, fino ad allora solo sentito in radio. La carriera di cantante (e anche attore) di Crosby deve sicuramente qualcosa a questo omaggio a quello che allora era una sorta di mostro sacro, ossia Paul Whiteman. Quest’ultimo si era dato da sé quel titolo di re del jazz, che ai tempi comunque gli veniva riconosciuto dai compatrioti, e il film lo vede assoluto protagonista. In seguito, Bing Crosby lo ha persino scalzato dal primo posto quando si parla del cast, (come vedete sopra: “con Bing Crosby e Paul Whiteman”) benché fosse di fatto poco più di una comparsa, e sia pure una comparsa dotata di notevole voce.
Di questo, forse non ci sarebbe bisogno di parlarne. Luci della Città è uno dei più famosi film di Chaplin, ancora nel personaggio del piccolo vagabondo “dagli occhi languidi” (dewy-eyed, dagli occhi rugiadosi, la poetica definizione in inglese). Charlot, si innamora di una fioraia cieca e poco dopo salva la vita a un milionario, il che sembra essere la sua fortuna, ma in realtà è solo l’inizio di nuove traversie. Chaplin ne approfitta per descrivere ancora una volta il mondo nel suo caratteristico modo, insieme consapevole (lui stesso aveva conosciuto la miseria da vicino) e poetico.
Quanto a “Sous les Toits de Paris”, altro capolavoro consigliatissimo, non ne ho trovato in rete che rarissimi e brevissimi spezzoni, per cui propongo al suo posto Le Million, altrettanto René Clair, altrettanto francese, altrettanto teatrale, altrettanto (da quanto ho potuto percepire, dalle notizie sull’altro) buffo e romantico, pur con toni di chiaroscuro. Deliziosa, frenetica caccia, per tutta Parigi (una Parigi di cartapesta, ça va sans dire, meravigliosamente, artisticamente farlocca), a una giacca contenente il biglietto vincente della lotteria, con tutti gli equivoci del caso. L’ho adorato!
L’esondazione delle parallele
L’esondazione delle parallele
ha spaccato il ponte
in due metà quasi perfette,
come un frutto diviso, una dimenticanza.
Come un mare ferito dai corpi galleggianti,
dalla crudeltà feroce della speranza
fondata sui cadaveri degli altri.
Eppure, ricordo
il mio corpo d’uccello
violato dal tradimento, più
che dai colpi delle mani chiuse a pugno.
Il mio corpo che ora vola con le tue ali di neve,
ha percorso lungo la pioggia
infiniti granelli di sabbia
per non esserti da meno
quando il colore dell’acqua
era luminoso silenzio dello sguardo.
Io non posso, oh, non posso
credere all’inverno dei confini
quando condividiamo l’odore degli agrumi:
tu hai camminato nel mio giardino,
ed è stato mio l’onore.
Prestami il tuo scalpello, le sbarre
non possono tenerci, scaverò col cucchiaino,
ne uscirò viva, lo giuro, terrò quei giorni in una mano
di quando il mare scava le strade,
e il mare che ha occhi di grano e limpida voce
ti restituirà l’ombra che si allunga la sera
tra gli alberi notturni, verso la terra.
La lettrice della domenica – Treasure Island
Dopo aver letto La vera storia del pirata Long John Silver, che come molti sanno amo immensamente e suggerisco a ogni occasione, ho “dovuto” riprendere la fonte originale, vale a dire il libro da cui nasce il famosissimo pirata, appunto Treasure Island, di Robert Louis Stevenson. Libro letto ai tempi in italiano e in una edizione “riveduta e corretta”, ma comunque apprezzatissimo. E no, grazziaddio quando ero piccola non c’era la distinzione tra libri per “ragazzi” e per “ragazze”, e sembrava non ci sarebbe mai più stata; poi le cose purtroppo sono andate un po’ diversamente, ma questa è un’altra storia. Una storia della quale fa parte per esempio l’aver portato mio figlio a vedere “Frozen” senza che nessuno dei due si domandasse se era “da femmine”, il che spero abbia contribuito all’educazione sentimentale del suddetto.
E sì, lo sto rileggendo e riapprezzando, ancora di più in effetti, in inglese e in versione integrale, con la stessa voglia di far le due di notte con la lucina nascosta sotto le coperte e un entusiasmo più forte del sonno.
Prime foto del viaggio verso New Orleans – Decollo e atterraggio
Quanto amo volare, e non l’avrei mai detto qualche tempo fa. Ma il cielo visto dall’alto ha sempre un fascino ineguagliabile. E comunque voglio sempre provare il deltaplano. Vi avevo promesso un racconto su New Orleans, sono un po’ in ritardo, ma proprio oggi è trascorso esattamente un mese dalla partenza, quindi celebriamo con le prime immagini, quelle appunto del volo e dell’atterraggio.
E a proposito di orgoglio, ieri il mio blogguccio ha superato le centomila (100.000) visite!
Orgoglio
Al mio “bambino”, che bambino non è più e vuole essere già grande e tornare piccolo a intervalli irregolari, dico che l’orgoglio, quando ti blocca e ti impedisce di chiedere aiuto al bisogno, va mandato affanculo, perché non è orgoglio per niente. Io ne so qualcosa, l’orgoglio ti fa stare in piedi, non ti tiene giù. L’orgoglio non ti impedisce di chiedere aiuto a costo di stare male e far stare male gli altri, ma ti spinge a fare qualunque cosa pur di stare bene. L’orgoglio ti dice che anche quando chiedi aiuto, specialmente quando chiedi aiuto, sei sempre tu a prenderti la responsabilità del tuo benessere, nessuno lo fa per te. Però non sei costretto a fare tutta la strada da solo, e credimi, è una fortuna. L’orgoglio non ti fa credere di poter fare tutto, quella si chiama presunzione. L’orgoglio ti dice che non sei Dio, ed è ben per questo che gli umani hanno inventato i mestieri, perché nessuno può essere nello stesso tempo ingegnere, scrittore, operaio, medico, scienziato, muratore, idraulico, elettricista, psicologo e bambino, ma che sei anche capace di fidarti, di contare sull’esperienza degli altri senza essere costretto ad “arrangiarti” e “metterci una pezza”, ma facendo un lavoro a regola d’arte, del quale essere dieci volte più soddisfatto e più felice.
In realtà lo sto dicendo prima di tutto a me stessa, questo è evidente, ma se c’è una cosa che il tempo mi ha insegnato, è che solo quello che dici a te stesso serve anche agli altri, perché devi passare prima dalla tua pelle, dalle tue ossa, dal tuo sangue, per arrivare poi anche al cuore degli altri.
Tra montagne e fiumi e rocce infuocate…
Tra montagne e fiumi, rocce infuocate e freddi gelidi, fame e sete e inondazioni, lupi, orsi e uccelli e fiori, anche il mio terzo libro (secondo romanzo) sta arrivando al termine e adesso mi aspetta un bel lavoro di revisione. Alla mia fanciulla, alla quale sono molto affezionata, ho regalato una storia d’amore preziosa, di quelle che nutrono. Dopotutto se la merita. Per il momento scrivere migliora la mia vita e questo è quello che conta, quanto a pubblicare, vedremo, forse mi deciderò a farlo da me, anche se non sono del tutto convinta… ma intanto almeno qualcuno leggerebbe…
#Film 1930: The Canary Murder Case, All Quiet on the Western Front, Hell’s Angels, The Blue Angel
Il 1930 era un anno cupo in Europa, ma anche negli USA non si scherzava, l’America sembrava anzi in quell’epoca, attraverso i film, mettere il dito tanto sulle proprie piaghe (vedi Piccolo Cesare) quanto su quelle europee, senza risparmiarsi in negatività. Di questi primi quattro film ho visto per intero solo The Canary Murder Case, perché ho amato molto Philo Vance e mi piace William Powell. Gli altri non sono riuscita a reggerli fino in fondo. L’angelo azzurro (ultimo film tedesco con Sternberg regista e M. Dietrich come attrice prima che entrambi approdassero in America, peraltro continuando a lavorare insieme), in realtà l’avevo visto da ragazza, quando forse le capacità di sopportazione sono maggiori. A una certa età uno comincia a pensare che quello che si fa nel tempo libero dev’essere un piacere, e non un dovere, per cui il “questo va visto assolutamente” non funziona più. Però mi sembra giusto segnalare che All Quiet on the Western Front (Niente di nuovo sul fronte occidentale, dal romanzo di Remarque) fa parte di questa categoria (sempre da ragazzina avevo visto un’altra versione che mi era piaciuta molto). Hell’s Angels, invece, si può guardare, volendo, per le scene aeree, che erano, dopotutto, lo scopo principale per cui Howard Hughes aveva fatto il film. La storia fa piangere, e non in senso buono. Peccato, perché dopotutto lo spunto poteva essere usato in modo molto più interessante. A parte il solito amore per la stessa donna (Jean Harlow), i due fratelli in guerra, uno convinto e l’altro riluttante, e l’amicizia con un ragazzo tedesco che si troveranno poi ad affrontare come nemico al fronte, se non fossero lasciati lì senza costrutto, avrebbero potuto suscitare ben altre questioni. Per quanto mi riguarda, almeno fino a metà del film, trovo che il “fratello egoista”, che pensa a godersi la vita e non ha nessuna voglia di andare a farsi ammazzare in una guerra che nessuno di loro voleva, mi sembra decisamente migliore del “fratello bravo e probo”, che a parte essere noioso come uno sciame di mosche d’estate, sembra anche uno di quei tipi detestabili convinti che solo per loro le leggi della Morale non abbiano segreti, e che se ne vanno in giro insegnando agli altri come devono vivere (magari ammazzandoli pure, se non si adeguano).
Credo però che Piccolo Cesare valga un post a sé stante. Ho grandi aspettative e spero di non restare delusa.
Un passo alla volta
Il mio tesoro sta meglio, lo sento cantare e anche il mio cuore canta.
Tu torni a mancarmi, ed è una mancanza buona, una di quelle cose che dicono che il resto va bene, e allora posso dedicarmi alle mie malinconie, alle mie nostalgie poetiche. Scrivere, e attenuare il mio desiderio di libertà infinita trasformandolo in altro. L’amore è durissimo da scrivere, ma è per questo che prendendosi cura delle parole, ci si prende cura anche di altro.
Sfogo
Sono esausta, distrutta, non ne posso più. Non riesco a scrivere, a leggere, e l’amore che mi ha sostenuto anche nei momenti peggiori (tutti i tipi di amore, vicino e lontano) ora non serve proprio a niente. Devo fare qualcosa, so che insieme potremmo uscirne, ma ognuno deve fare il suo pezzo, altrimenti rischiamo davvero troppo, la posta in gioco è altissima e io sono davvero al limite.