Eccoti di giorno in giorno la mia acredine
la mia insofferenza di gente in gente
(ma queste brezze tra le secche e le rapide
tra i diluvi e le requie dell’essere questi balsami…)
[…]
È rimasta una chiazza una pozza di luce
non convinta di sé un pozzo di lavoro con attorno
un girotondo di prigionieri (dicono) sulla parola:
sanno di un bagliore che verrà
con dentro, a catena, tutti i colori della vita
– e sarà insostenibile.
Sembra allora di capirlo a che si ostinano
dove puntano che cosa vogliono o non vogliono
che cosa negano che scappatoie infilano
i motori nella giostra serale
con quelli che fingono a ogni giro di andare via per
sempre
con quelli che fingono a ogni giro di arrivare
dentro un paese nuovo per cominciare ex novo
– e i primi lampi
lo scroscio delle foglie
l’insensatezza estiva.
(Vittorio Sereni, da: Pantomima terrestre, in “Dopo la lirica – Poeti italiani 1960-2000, Giulio Einaudi Ed.).