Che in italiano non si potrebbe più dire, a poco a poco mi ruberebbero tutte le parole più amate, ma no, io non me le lascio rubare, e per me il Capitano – la voce interiore, il modello di riferimento, il daimon – è e sarà sempre solo uno, e non parlo tanto di John Keating, incantevole personaggio sia pure, ma dell’amato Robin. Uno che di muri ne parlava quindici anni fa, e non per dirne bene. Uno che di ambiente ne parlava oltre quarant’anni fa, e non aveva sedici anni, ma neanche poi tanti di più, e diceva attenzione, che la prossima guerra nel nostro pianeta rischia di non essere per il petrolio, ma per l’acqua (e no, nonostante tutto era un Genio sì, ma non un veggente. Solo uno che guardava e cercava di capire). Uno che odiava talmente tanto la guerra, da andare in Iraq e in Afghanistan, con una paura dell’inferno, ma bisognava farlo, fare spettacoli comici per i soldati “per ricordare che sono ancora lì e che stanno ancora morendo lì”. Uno, insomma, che non avrebbe mai cercato capri espiatori, che le sue responsabilità se le prendeva tutte e se ne assumeva anche qualcuna che non era nemmeno sua. Non esiste, per me, nessun altro modo di essere Capitani (nel senso di uomini. E aggiungerei: veri).
Grandissimo Robin
Il più grande di tutti…
Senza dubbio.
tornato al vecchio amore che non si scorda mai… Certo che Capitano è una parola un po’ usata..
A quell’amore sono sempre rimasta e resterò sempre. Capitano è una parola spesso abusata, ma pazienza, ho bisogno di riappropriarmi del senso migliore delle parole, quando altri le usano in un senso da cui mi sento lontana anni luce.
Lo so, che Robin è e rimarrà sempre nel tuo cuore. Per le parole ormai è un diluvio che rischia di travolgerci tutti.
Purtroppo. Ma è proprio in questi momenti che i veri capitani aiutano a tenere la barra dritta.
hai ragione