La poesia non è civile

La poesia non è affatto civile:

è un bambino al tavolo dei grandi,

un gatto selvatico, che graffia

le cortecce e i topi senza alcuna coscienza

del disastro ambientale;

l’abbaglio violento della luce nel porto

tra il piombo dei cumulonembi.

Qualcosa che morde, spreme la voce

fino all’ultima goccia di sangue;

sovverte il tempo con crudele, aggraziata lentezza;

il tronco caduto di traverso sulla strada,

il macigno in bilico sulla cima del monte

prima di rotolare in fondo alla valle,

un pozzo insaziato,

un’opera al nero,

figlia illegittima

di questa fame infinita di vita

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