Stories from the Garden – A come Abelia

Dicembre, mese dei fiduciosi: il mese con meno luce di tutti è anche quello in cui si festeggia il ritorno della luce; il mese in cui il giardino appare più spoglio che in tutto il resto dell’anno è anche quello in cui si piantano (o si continuano a piantare, da novembre in poi) alberi e bulbi, che resteranno sottoterra, senza alcuna certezza, fino alla prossima primavera, che “prenderanno” e daranno frutti e fiori. Ma che sarebbe del nostro giardino, se non avessimo quella fiducia? Niente uccelli, e neppure insetti, in questa stagione; ma crediamo, “sappiamo” che torneranno, e per questa certezza mettiamo piante a dimora, ripariamo quelle che temiamo più fragili, puliamo attrezzi, in attesa di nuove impollinazioni.

E’ il mese delle “lunghe sere invernali” per eccellenza. E allora io ne approfitto per guardare film e serie TV, dedicarmi a qualche decorazione più o meno natalizia, provando a far rivivere vecchi oggetti trovati in casa e nei mercatini qua e là,

Oggetti di recupero

e, infine, scrivere, passione troppo spesso tradita ma alla quale sono sempre tornata.

A gennaio, le giornate riprendono lentamente ad allungarsi. Ieri era Capodanno e faceva caldo; oggi non fa ancora freddo, ma le temperature stanno calando, è in arrivo una perturbazione siberiana e qui sugli Appennini è tornato il vento. Non c’è momento migliore per iniziare un piccolo inventario delle mie piante – e dei relativi accostamenti, perché amo sperimentare a ragion veduta, e non c’è pianta migliore per iniziare di quella che viene per prima in ordine alfabetico: l’Abelia.

Infatti, la mia Abelia Lucky Lots ha sì una deliziosa fioritura che la ricopre di bianco dalla pimavera all’estate inoltrata

Abelia in settembre
Abelia in settembre

ma è anche una pianta rustica, sempreverde, con belle foglie verde scuro dai margini bianchi che in pieno inverno danno colore al giardino.

Abelia in gennaio
Abelia in gennaio

Cresce sia al sole che in mezz’ombra, in piena terra o anche in fioriera. Può raggiungere anche i 4 metri, ma viene molto facilmente mantenuta entro i due, per cui è perfettamente adatta ai piccoli giardini. Io l’ho accostata al lillà e a una rosa inglese (Austin) bianco-rosata, Wollerton Old Hall, oltre ad alcune talee di forsizia gialla.

Diversi altri accostamenti sono comunque possibili: l’abelia infatti sta bene anche con: nandina domestica, spirea, osmanto, corniolo, tagete, rudbeckia, gazania; gaura, persicaria, geranium, verbena, ecc.

Vi terrò aggiornati, ma intanto vi auguro Buon Anno Nuovo con questa pianta dalle molte qualità, che in ogni stagione ha sempre qualcosa da dare!

STORIES FROM THE GARDEN – EARLY AUTUMN GIFTS

(l’articolo in italiano qui)

In the last few days, I’ve been practicing rain dance (please don’t hate me!). Unfortunately, I can’t dance, and I might have overdone it a little, my moves might have been not exactly right, or maybe, the downpour gods resented the fact that I used very mainstream songs in my exercise dance mix, so to speak.

However. I’ve been thinking, we actually change a lot, over the years and the seasons. The town girl I was would have fully agreed with the idea that rain is “bad weather”; after three days, she would have complained about “how awful it is, will it ever, ever stop?!”; and she would have continued, as in Bob Seger’s Someday, to keep on reachin’ for the sun.

For the middle-aged country lady I’ve become, though, well, that’s another matter altogether: that lady loves rain (almost) like sunny days, and every down and then, she cries out for her fair share of dark, rainy clouds. Also because that lady lives (for a large part of the year), in a place where summers are cool but definitely sunny, especially in recent years. And, above all, she has a vegetable garden and a flower garden.

As for most things, the good comes with some bad here.

BAD: the rain brings animals and bugs, not all of which are beneficial, when it comes to plants. Some of them are actually… real pests. And weeds, oh, weeds just, well, pouring in. And mud, too, especially if the soil is clayey, like ours, which means it forms concrete-like, drenched, sticky clumps (especially if walked over), which, in summer, will become extremely dry and shrink into cracked and – would you believe it – concrete-like clumps.

GOOD: apart, of course, from quenching the thirst of plants, which are almost always better even after a brief rain shower than after being watered, whatever the way and the amount: weeds come out more easily (although you will always have to be careful not to “lump it up” by goofily treading on it); the sun seems brighter and warmer afterwards, the sky clearer, the air more transparent, and everything seems to be given new life, to get stronger, blossom and bloom, like this:

Begonia in bloom

(You will find other pictures on my Instagram profile, if you like):

https://www.instagram.com/stories/alexgenova1/2671165787107078692/

Storie dal giardino – doni di inizio autunno

Nei giorni scorsi ho fatto pratica di danza della pioggia (non odiatemi, per favore!). Purtroppo, non so ballare, e potrei forse aver esagerato un po’, o fatto qualche mossa non proprio precisa, oppure gli dei degli acquazzoni si sono offesi per il fatto che per esercitarmi io abbia usato (tra l’altro), brani di Jovanotti. Sta di fatto che pensavo, come si cambia, con gli anni e le stagioni. La ragazza di città che ero avrebbe condiviso pienamente l’idea che la pioggia fosse “maltempo”; dopo tre giorni avrebbe dichiarato “che strazio, ma non smette mai!”, e avrebbe continuato, come in Someday di Bob Seger, a “keep on reachin for the sun” (cercare di raggiungere il sole).

Ma invece, la matura signora di campagna che sono oggi ama la pioggia (quasi) quanto il sole, e ogni tanto chiede a gran voce la sua personale nuvola dell’impiegato (o meglio, della traduttrice), anche perché vive (per estesi periodi dell’anno) in un posto in cui le estati sono fresche ma decisamente soleggiate, almeno negli ultimi anni. E, soprattutto, ha un orto e un giardino.

Come in quasi tutte le cose, anche qui, sono gioie e dolori.

DOLORI: la pioggia porta animali e animaletti, non sempre benefici, soprattutto se parliamo di parassiti delle piante. Ed erbacce, anche, tante, tantissime erbacce. Come se piovesse, ecco. E poi, fango, soprattutto se la terra è, come nel nostro caso, argillosa, che significa blocchi fradici, che si incollano e, se ci cammini sopra, diventano duri come cemento, per poi d’estate prosciugarsi e seccare in macigni aridissimi con tante piccole crepe tipo deserto. Ma duri come il cemento, of course.

GIOIE: a parte, ovviamente, soddisfare la sete di piante che stanno quasi sempre meglio dopo qualunque pioggia anche breve che dopo annaffiature di qualunque forma ed entità: le erbacce si tolgono più facilmente (sempre facendo attenzione a non immacignire il terreno con qualche mossa avventata), il sole, dopo, sembra più caldo e luminoso, il cielo più terso, l’aria più trasparente, e tutto rinasce a nuova vita, o comunque acquista forza, linfa vitale, sboccia e fiorisce, così:

Begonie in fiore

(potete vedere altre foto dal mio profilo Instagram, se volete):

https://www.instagram.com/stories/alexgenova1/2671165787107078692/

Ar Ghàradh – Our Garden – Il nostro giardino

Cèad mile fàilte! Welcome! Benvenute e benvenuti con tutto il cuore!

Avendo lontane radici irlandesi e pù vicine radici inglesi, oltre a quelle italiche, ho cercato alcune parole in gaelico irlandese che fossero in qualche modo legate ai giardini. La mia passione per la terra sta prendendo il suo giusto spazio, ossia quasi tutto il mio tempo libero, tranne quello dedicato alla scrittura, alla lettura, ai viaggi, a cinema/serie TV e teatro. Per ora riesco anche a lavorare… non so per quanto ancora!

E così ho deciso di creare una sezione del blog dedicata ai lavori della terra, per così dire. Cogliendo l’occasione dal fatto che un paio d’anni fa l’alluvione ha fatto crollare gran parte del muro, riducendo la zona così (l’immagine è sfocata ma credo renda l’idea):

Poi, nel corso dei lavori, quella parte del giardino (in pratica, quasi la metà) si presentava così:

Ar Ghàradh

E a muro nuovo finito, così:

Un deserto pietroso, con una media di mezzo quintale di sassi per metro quadrato ed erbacce con le radici di piccoli alberi, da lavorare praticamente tutto a mano, armati di vanga, zappa e rastrello (beh, fa bene sia per la linea che per il diabete!). Il che significa, in sostanza, che abbiamo dovuto/potuto partire praticamente da zero: la situazione ideale per raccontare come un giardino vive e prende forma – con tutte le piante che man mano vengono seminate, propagate per talea o acquistate e viste crescere.

Da allora sono trascorsi poco più di quattro mesi, e nei prossimi post di questa sezione vi racconterò gioie e dolori di una giardiniera dilettante e un po’ disordinata, con tanto amore per le piante (da fiore, ma anche da orto) e i giardini inglesi, tanta buona volontà, corporatura (abbastanza) esile ma braccia forti, e una certa esperienza sul campo (ehm), affinata grazie a Internet e a molti tentativi ed errori, ma anche non poche soddisfazioni. Prendersi cura di creature viventi procura sempre molta gioia, che si tratti di figli (con relative ansie), animali (vero, piccola Principessa di casa?)

o, appunto, vegetali.

A presto!

TORTA AL LIMONE

Ingredienti

Per la crema (ricetta presa da qui)
Latte intero 500 g
Scorza di limone 2
Succo di limone 1
Zucchero 150 g
Amido di mais (maizena) 70 g
Tuorli (circa 6) 130 g

Per la pasta frolla

Farina 300 g
Zucchero 100 g
Burro circa 80 g
Scorza grattugiata di un limone
Un pizzico di sale

Preparazione

Scaldate il latte in un tegame a fiamma dolce. Nel frattempo ponete i tuorli in una ciotola capiente, aggiungete lo zucchero e sbattete rapidamente. Versate poi il succo di limone, sbattete ancora e aggiungete anche la maizena.
Continuate a mescolare con la frusta fino ad ottenere un composto liscio. Non appena il latte inizierà a bollire, versatelo poco per volta all’interno del composto di tuorli e mescolate. Riversate quindi tutto il composto nel tegame e riportate sul fuoco mescolando con una spatola.
Aggiungete anche la scorza grattugiata dei 2 limoni e continuate a mescolare fino a che non si sarà addensata. Se dovessero comparire dei grumi allontanate la crema dal fuoco e mescolate energicamente con la spatola per eliminarli. Non appena avrete ottenuto una crema liscia versatela all’interno di una pirofila e coprite con la pellicola a contatto. Lasciate intiepidire, poi riponete in frigorifero a raffreddare per almeno 2 ore.
Nel frattempo, preparate la pasta frolla mescolando rapidamente la farina con lo zucchero, la scorza di limone e il sale, aggiungendo poi il burro a cubetti, dopo averlo tirato fuori da frigo non più di 10 minuti prima (deve essere abbastanza freddo), e l’uovo e il tuorlo. Lavorare velocemente per un po’, fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola per alimenti e riponetela in frigorifero per almeno un’ora.
Foderate poi con la pasta frolla uno stampo da crostata o uno stampo, usando la pasta in eccesso per ispessire il bordo. Versatevi sopra la crema al limone e livellatela con una spatola. Cuocete in forno ventilato a 160° per 35-40 minuti circa (un po’ di più in forno statico).

Crostata con salsa al limone

Ricetta della pasta sfoglia

Quest’anno, come scrivevo in un post precedente (dell’anno scorso, ormai!), mi sono lanciata a fare per la prima volta la pasta sfoglia:  e visto che ho scoperto che il diavolo non è così brutto come lo si dipinge, ovvero, fare la pasta sfoglia non è poi quella missione impossibile che paventavo, vi do la ricetta, presa da qui e rielaborata leggermente, un po’ perché non ho una planetaria (non sapevo neanche cosa fosse, fino a un paio di settimane fa) e un po’ per cercare di rendere la spiegazione più semplice. Tra l’altro, le foto del post sono le mie, e guardandole si vede perfettamente che forme geometriche e angoli che combaciano non sono esattamente il mio punto forte – e quelle che ho postato sono, ovviamente, quelle che mi sono riuscite meglio! Lo confesso: quando ho letto la ricetta per la prima volta, ho pensato non ce la posso fare, non ci arrivo, non capisco nemmeno di cosa parla. Poi però ho deciso di applicarmi seriamente, in base al principio per cui si dovrebbe imparare qualcosa di nuovo, se non ogni giorno, almeno ogni settimana. E ce l’ho fatta, e alla fine ci ho preso gusto… parecchio gusto! Se pure non vincerà un concorso di bellezza, la mia sfoglia mi ha dato e continua a darmi grandissime soddisfazioni che compensano largamente la fatica e il tempo che richiede. In realtà, è molto più difficile spiegarla che farla! E può essere anche rilassante, un po’ come lavorare il pongo o il das… se avete presente!

Il tempo necessario è forse la nota più dolente, calcolate che occorrerà complessivamente all’incirca una giornata, ma non necessariamente continuativa. Soprattutto, il tempo effettivo di lavoro è molto inferiore (per preparare pastello e panetto non ci vogliono più di venti minuti al massimo, e le pieghe non richiedono che pochissimi minuti). I tempi di riposo tra una piega e l’altra della pasta, del resto, possono variare: il minimo è mezzora per ogni piega, ma la pasta può tranquillamente restare in frigo anche un’ora o due (e forse di più, anche se personalmente non ho provato). Nel frattempo, potete benissimo fare dell’altro.

Dunque, eccoci qui:

Ingredienti:
(per il pastello)
175 g farina
Un bicchiere scarso di acqua molto fredda
Sale 5 g (una presa)
(per il panetto)
250 g burro ammorbidito
150g farina

Preparate il pastello sciogliendo il sale nell’acqua e aggiungendo poi la farina in una ciotola non troppo grande. Lavorate molto rapidamente fino a ottenere un composto liscio e non troppo elastico che dovrete poi roteare all’interno della ciotola per formare una palla. Copritela con pellicola a contatto e lasciate riposare a temperatura ambiente.

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Trasferite il panetto su un piano leggermente infarinato e dategli una forma quadrata aiutandovi con le mani e con il mattarello, pure infarinato; mettetelo poi in un recipiente piatto, ancora una volta leggermente infarinato. Coprite con la pellicola e lasciate riposare a temperatura ambiente per 5 minuti. Se dovesse risultare troppo morbido, invece, tenetelo in frigorifero per una decina di minuti.

Pasta sfoglia_panetto di farina e burro
Ponete il panetto su un piano da lavoro e con un mattarello e pochissima farina stendetelo leggermente fino ad ottenere un quadrato con lato di 20 cm circa, e tenetelo da parte.
Spostate il pastello sul piano di lavoro, sempre leggermente infarinato, e stendetelo col mattarello fino a ottenere un quadrato un po’ più grande (lato di 28 cm circa). Posizionate il panetto sul pastello a rombo e richiudete i lembi facendoli combaciare per quanto possibile, ma senza sovrapporli.

Procedete subito alla prima piega (cd. piega a 3), senza far riposare: stendete la pasta sul piano infarinato, cospargete di farina anche la pasta e il mattarello e stendete la pasta nel verso davanti a voi, in modo da ottenere un rettangolo esteso in lunghezza ma non in larghezza. Aiutatevi con le mani per rendere gli angoli dritti. Girate poi il rettangolo di 90° e appiattitelo ancora leggermente con una passata di mattarello. Portate poi una delle estremità della pasta leggermente oltre il centro del rettangolo, e ripiegatevi sopra “a libro” la parte opposta. Stendete leggermente il panetto con il mattarello, sia in un verso che nell’altro.

Avvolgete la pasta in pellicola da cucina, ponetela su un vassoietto e fate riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
Procedete poi alla seconda piega (cd. piega a 4): stendete la pasta in un lungo rettangolo come prima (fino a ottenere uno spessore di circa mezzo cm), ma questa volta ripiegate entrambi i lati verso il centro, accostandoli (aggiustate gli angoli tirandoli delicatamente con le mani, in modo da farli combaciare perfettamente), e richiudete poi la prima metà sull’altra.

Anche questa volta, fate una leggera pressione con il mattarello e riponete nuovamente la pasta avvolta nella pellicola in frigorifero per almeno mezzora.
Effettuate poi un’altra piega a tre nello stesso modo; e dopo aver fatto riposare la pasta ancora una volta per almeno mezzora, terminate con un’ultima piega a quattro. Se volete, potete fare dei segni sulla pasta con i polpastrelli delle dita ad ogni piega per ricordare a quale numero siete arrivati, soprattutto se trascorre un po’ di tempo tra una lavorazione e l’altra. Avvolgete di nuovo nella pellicola e conservate la sfoglia in frigo per almeno 60 minuti prima di utilizzarla (meglio ancora per una notte). Potete conservare il panetto di pasta sfoglia in frigorifero per 4-5 giorni al massimo, oppure congelarlo. Una volta cotta invece, è consigliabile conservarla per 2 giorni al massimo in un contenitore chiuso ermeticamente. Questo è un disco di pasta sfoglia pronto per essere farcito:

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Ho poi sperimentato diverse torte salate un po’ sfiziose, alcune delle quali le avevo preparate come antipasto per il pranzo in famiglia della vigilia di Natale, altre le ho utilizzate nei giorni successivi come piatto unico  e continuo a sfornarne di nuove. Quindi, credo che seguiranno altre ricette!