Robin’s Monday – Ridere ed essere liberi

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Stavo improvvisando, i disegnatori sono entrati e si sono messi a ridere e così sono andato avantiIn tempi come questi, con quello che sta succedendo, poter ridere ed essere liberi è una cosa fantastica, è per questo (Robin Williams, intervista per Aladdin, 1992). [Ossia, è per questo che ho registrato molto più materiale di quello che avrebbe mai potuto essere utilizzato per Aladdin. Ma di fatto: questo è il senso del mio lavoro].

In tempi come questi, poter ridere ed essere liberi… è per questo, sì. “Robin Williams, naturalmente, è un genio, uno che realizza desideri, che da parte sua ha l’inesauribile aspirazione di far felici gli altri ed è in grado di fare qualunque cosa. (David Denby). La risata come atto di ribellione, come anima della ricerca di libertà. Non vi è data che una scintilla di follia, conservatene un po’ dentro di voi, non perdetela, è quella che vi tiene in vita; perché nessun governo è in grado di controllarla. Dovete volare al di sopra di ogni cosa… (Robin Williams, da: Reality, What a Concept, 1979).

È per questo. E per molto altro ancora.

The Thief of Bagdad / Il ladro di Bagdad

Ho sviluppato una notevole ammirazione per Douglas Fairbanks (sr.): i film in cui recitava (e di cui spesso era anche il produttore) sono caratterizzati da un’ironia a volte evidentissima, a volte più fine, ma sempre presente. Spesso, poi, una critica sociale traspare in modo abbastanza chiaro anche nelle pellicole che sembrano di puro intrattenimento, che restano divertentissime e avvincenti, lasciando al tempo stesso la piacevole sensazione di non avere “perso del tempo”.

Per questa ragione, in primo luogo, avevo deciso che nella mia selezione di film del 1924 non poteva mancare questo Ladro di Bagdad, che infatti non mi ha deluso. Guardandolo, ho capito inoltre che si tratta quasi sicuramente di un antenato di Aladdin, film che come sapete amo appassionatamente, non solo (anche se in buona parte, of course) per via del Genio. Anche la musica iniziale mi pare sia stata ripresa in Arabian Nights, una delle canzoni della colonna sonora originale di Aladdin.

Aladdin mischiava in realtà due o tre storie (quella del Ladro di Bagdad con Aladino e la lampada magica e nei sequel anche Alì Babà e i Quaranta Ladroni), ma il tessuto principale del racconto viene da qui: il ladruncolo di strada che si innamora delle principessa e si mescola ai pretendenti di alto lignaggio fingendosi principe (di nuovo, la scena della parata dei vari nobili, ricchissimi e tronfi e pieni di titoli e glorie non si sa quanto reali è stata ampiamente ripresa in Aladdin), trovandosi a fare i conti con un rivale malvagio e ambizioso e restando invischiato nella propria stessa tela, non sapendo più come rivelare alla principessa la verità.

La regia è di Raoul Walsh, che in seguito avrebbe diretto molte pellicole anche del cinema sonoro, lavorando, tra gli altri, con attori come Humphrey Bogart, Gregory Peck, John Wayne, James Cagney e molti altri e attrici come Dolores Del Rio, Marlene Dietrich, Ida Lupino, Olivia de Haviland…

Le scenografie del Ladro di Bagdad lasciano un po’ a desiderare, almeno secondo la mia opinione di profana, e l’idea dell’Arabia è quella ottocentesca, odalische, magia, indovini che pretendono il futuro, tigri e scimmie a guardia del palazzo (anche questa è un’idea che Aladdin ha mantenuto, rivisitandola in chiave un po’ più moderna). Non pretendiamo troppo, comunque, l’epoca era quella che era, e benché ci fossero registi in grado di stupire anche da quel punto di vista (penso per esempio a Lubitsch o Rex Ingram), mi pare che in genere quella sensazione di falso fosse onnipresente. In ogni caso questo distoglie solo marginalmente lo sguardo e l’interesse dalla trama e dalle prestazioni acrobatiche di Douglas Fairbanks, ottimamente coreografate tanto quanto, ancora una volta, largamente ironiche. Credo che includere il film nella mia watching list per il 1924 sia stata un’ottima scelta 😀

Giornata speciale

Una giornata davvero speciale, questa, come non me ne concedevo da tempo. Praticamente una domenica anticipata (solo che spesso io la domenica lavoro), trascorsa nel modo migliore, scrivendo quasi tutto il giorno. Scrivendo, poi, di Hook e di Aladdin. Ora, Hook io lo adoro per motivi in buona parte molto personali. Ma Aladdin, Aladdin è un capolavoro. Non più di un paio di anni prima avevi detto di avere ancora tanto da imparare, di essere ancora alla ricerca, anche per quanto riguardava i ruoli comici. Ho ripensato allora al Genio e l’ho visto con altri occhi, come se tu me lo avessi spiegato, ecco, vedi, è questo che intendevo, questo era il ruolo che cercavo. La comicità ai suoi livelli più alti, più profondi, l’anima stessa della risata e della infinita esigenza di libertà che nient’altro può esprimere meglio. L’atto di ribellione più lieve, più sottile, meno impositivo che esista, e quello più definitivo. Robin Williams, naturalmente, è un genio, uno che realizza desideri, che da parte sua ha un desiderio inesauribile di far felici gli altri e che è in grado di fare qualsiasi cosa. Tuttavia, adesso che ognuna delle sue invenzioni ha preso corpo, anche la sua mente – per quanto rapida – sembra più densa e reale che mai. Sono parole di David Denby, le scriveva sul Time Magazine all’uscita del film. Io mi addentro sempre più in questo che è forse il maggior motivo di orgoglio e di gioia che uno possa avere: conoscere da vicino il proprio mito e vedere che non è come lo aveva sempre immaginato: è ancora migliore.

28. Aladdin and the King of Thieves

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Questo è il terzo e ultimo episodio della “trilogia” di Aladdin.

Aladdin e Jasmine stanno finalmente per sposarsi, ma i Quaranta Ladroni irrompono prima delle celebrazioni, portando via regali di nozze e gioielli. Non riescono però a impadronirsi di ciò che più di tutto cercavano, l’Oracolo, l’unico oggetto in grado di indicare dove si trova la Mano di Mida che trasforma tutto in oro. Interrogandolo, Aladdin viene a sapere che suo padre, creduto morto da tempo, è in realtà proprio il Re dei Ladri, il capo dei Quaranta Ladroni, e parte quindi alla sua ricerca. Nel frattempo uno dei Ladroni trama nell’ombra…

All’inizio ho pensato che il film era carino ma che la magia di Aladdin era irripetibile comunque. Non è del tutto così, però. Il Genio c’è, e si vede. La Disney aveva violato il contratto con cui si impegnava a non utilizzare la voce di Robin Williams per vendere prodotti ispirati ad Aladdin. Così lui, che evidentemente dai tempi di Mork & Mindy aveva imparato a dire qualche no, rifiutò in maniera così categorica di aver a che fare con loro, che per il primo sequel, Il ritorno di Jafar, la Disney fu costretta ad affidare la voce del Genio a Dan Castellaneta. Per il terzo episodio (essendo tra l’altro nel frattempo cambiata la gestione), pensarono bene di scusarsi, credo con la coda ben ben nascosta tra le zampe, e lo convinsero a tornare, per loro fortuna: The King of Thieves non avrebbe potuto bissare il successo di Aladdin ma comunque gli incassi furono molto superiori al precedente.  Del resto Ron Clements e John Musker, registi di Aladdin, avevano fortissimamente voluto Robin nel ruolo, intuendo (con vista lunga), che lui “era” il Genio. Il personaggio era stato costruito intorno a lui, creato su misura (o su dismisura, per meglio dire) per lui e per nessun altro. Non è certo un caso che poi The Genie sia diventato uno dei soprannomi con cui Robin Williams è stato chiamato in vita e ricordato dopo, con evidenti riferimenti alla sua genialità, alla magia che diffondeva e alla sua profonda esigenza di libertà. Il suo talento è quello che – scriveva una recensione del New York Times dell’epoca – rende questo secondo sequel nettamente migliore del Ritorno di Jafar. Nonostante tutto. Perché purtroppo il cambio di regia un po’ si vede. La trama è deboluccia, la colonna musicale è carina ma nulla di eccezionale e non c’è neanche il picco della acclamatissima A Friend Like Me (da brividi, ascoltatela, dico seriamente…). E’ comunque una bella avventura e certo vale la pena di veder sfilare davanti ai vostri occhi (ma soprattutto sentir sfilare nelle vostre orecchie) Sylvester Stallone, Walter Cronkite, Woody Allen, Perry Mason, Elvis Presley, Mrs. Doubtfire… è tutto un gioco di voci e citazioni più o meno nascoste e piccole perle buttate lì senza neanche darci troppa importanza. Ma dietro ci si sente il divertimento, e quando il Genio si diverte…

Everything about this sequel is far better than The Return of Jafar. Williams’ irresistible throwaway lines and barrage of pop-culture characters are the point, of course. The Genie welcomes visitors to the wedding with a quick, glitzy mock-television show, Life Styles of the Rich and Magical.

Caryn James, `Aladdin 3′: Dream Of Genie, The New York Times 13 agosto 1996

LUNEDI’ FILM – 20. Aladdin

Aladdin

Magia.
Magia pura.
Magia infinita.
Non c’è parola che esprima meglio di questa tutto quello che questo film racchiude in sé.
Man mano che ci si addentra nel mondo cinematografico di Robin Williams, non si può fare a meno di rendersi conto che l’aspetto visivo deve aver avuto un ruolo non indifferente nelle sue scelte. Anche i lavori più criticati o di minor successo spesso colpiscono per la bellezza o la particolarità delle immagini (pensate per esempio a Popeye, che del resto era di Altman, al Barone di Munchausen di Gilliam, a Toys di Levinson e, più di tutti, Al di là dei sogni di Vincent Ward). Penso che abbia a che fare con il mantenere in sé una parte bambina, perché il nostro sguardo sappia ancora lasciarsi incantare da ciò su cui si posa.
Aladdin è sicuramente una gioia per gli occhi e tanto, tanto altro. Le canzoni, fantastiche (Friend Like Me mi fa pensare che RW avrebbe potuto benissimo fare anche il cantante, per dire). Il cattivo Jafar e il suo irascibile pappagallo Iago. Una bella storia, ironia, cura dei dettagli. E poi… poi pensate a un personaggio nato quasi interamente da una delle menti più creative che siano esistite allo scopo principalmente di regalare stupore e meraviglia, un personaggio in cui finalmente, di nuovo, Robin Williams ha potuto riversare tutta la sua comicità più spregiudicata e immaginifica, senza doversi frenare (tanto poi, il materiale inutilizzato mica sarebbe mai stato buttato via… sarebbe servito semplicemente ad altro) e quindi al suo meglio.
Insomma, pensate al Genio. Il personaggio con cui forse è stato identificato più di tutti, da quel momento. Fin troppo. Al punto che oggi nemmeno io riesco a guardare la scena in cui il Genio esprime il desiderio di essere libero (“la libertà… è un mestieraccio, sai, quello del genio. Fenomenali poteri cosmici… e minuscolo spazio vitale… Ma oh, essere libero… essere padrone di me stesso. Questa sarebbe una cosa più preziosa di tutte le magie, di tutti i tesori di tutto il mondo”) senza ridere e piangere e commuovermi, anche per l’addio a RW (Genie, you are free), pur restando fermamente dell’idea che lui sia stato libero e padrone di sé stesso per quasi tutta se non tutta la sua vita.
Buon incanto, cari amici!

Magic.
Pure magic.
Endless magic.
There is no other word to better convey all that this movie enshrines.
As we explore the cinematographic world of Robin Williams, we cannot help realizing that the visual aspect must have had a far-from-negligible role in his choices. Even the most criticised or less successful works often stand out due to the beauty or peculiarity of the set design (think of Popeye, which was directed by Altman, in fact, of Gilliam’s Baron Munchhausen, or of Levinson’s Toys, and most of all, Vincent Ward’s What Dreams May Come). I think this may have something to do with keeping a child part inside, so that our sight can still take delight in everything it sets on.
Aladdin surely is a joy to behold and much, much more than that. The songs, amazing (Friends Like Me makes me think RW could have been a singer, say, had he just so decided). The wicked Jafar and his cranky parrot Iago. A nice plot, irony, care for details. And then… then just think of a character that was almost entirely born of one of the most creative minds that existed mainly for the purpose of bringing us wonder and amazement, a character into which Robin Williams was able again, at last, to pour all his most unbridled imaginative humour, without being forced to hold back (indeed, the unused material would not have been thrown away, that’s for sure… it would be just used for something else) and therefore at his best.
In short, think of the Genie, the character with whom, perhaps, he has been identified most, even too much maybe. To the point that now even I cannot watch the scene in which the Genie expresses his wish to be free (“Freedom… it’s part of the whole genie gig. Phenomenal cosmic powers… itty-bitty living space… But oh, to be free… to be my own master. Such a thing would be greater than all the magic and all the treasures in all the world”) without laughing and crying and feeling moved, also because of the goodbye to RW (Genie, you are free), although I remain firmly convinced that he was free and his own master during all, or almost all of his life.
Let you be charmed, my dear friends!