Robin’s Monday – Ridere ed essere liberi

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Stavo improvvisando, i disegnatori sono entrati e si sono messi a ridere e così sono andato avantiIn tempi come questi, con quello che sta succedendo, poter ridere ed essere liberi è una cosa fantastica, è per questo (Robin Williams, intervista per Aladdin, 1992). [Ossia, è per questo che ho registrato molto più materiale di quello che avrebbe mai potuto essere utilizzato per Aladdin. Ma di fatto: questo è il senso del mio lavoro].

In tempi come questi, poter ridere ed essere liberi… è per questo, sì. “Robin Williams, naturalmente, è un genio, uno che realizza desideri, che da parte sua ha l’inesauribile aspirazione di far felici gli altri ed è in grado di fare qualunque cosa. (David Denby). La risata come atto di ribellione, come anima della ricerca di libertà. Non vi è data che una scintilla di follia, conservatene un po’ dentro di voi, non perdetela, è quella che vi tiene in vita; perché nessun governo è in grado di controllarla. Dovete volare al di sopra di ogni cosa… (Robin Williams, da: Reality, What a Concept, 1979).

È per questo. E per molto altro ancora.

A little spark of madness / Una scintilla di follia

Finalmente ho scoperto da dove proviene questa citazione che già amavo tanto e adesso anche di più. Riesci sempre a sorprendermi e sei ancora sempre l’unico che sa farmi ridere e piangere nello stesso momento.

You young people don’t remember the old times. I remember World War III, all forty-five seconds of it. […] You see what I mean, you’ve got to be crazy. It’s too late to be sane. Too late.  You’ve got to go full tilt bozo. You’re only given a little spark of madness, Keep some madness in you, yes, just a little touch of it. Just enough so you don’t become stupid. if you lose that, you’re nothing. Don’t. From me to you, don’t ever lose that, ‘cause it keeps you alive. That’s my only law. Crazy. Because there’s no way any government in the world can handle madness, Because you’ve got to fly above it all. Remember angels, they have wings ‘cause they take themselves lightly*. You know, there was an old crazy dude who used to live a long time ago, his name was Lord Buckley**. And he said, a long time ago, he said, ‘People: they’re kinda like flowers, and it’s been a privilege walking in your garden.’. My love goes with you.

 

Voi giovani non ricordate i vecchi tempi. Io mi ricordo della Terza Guerra Mondiale. Tutti i quarantacinque secondi. […] Capite cosa voglio dire, dovete essere folli, è troppo tardi per essere sani, troppo tardi. Dovete saper andare completamente, energicamente via di testa. Vi è data solo una scintilla di follia, conservatene un po’ dentro di voi, appena appena, quel tanto di pazzia che serve a non diventare stupidi. Se perdete quella scintilla, non siete nulla. Non fatelo, detto tra noi, non la perdete mai, perché vi tiene in vita. E la mia unica legge. Pazzi. Perché nessun governo è in grado di gestire la pazzia. Perché dovete volare al di sopra di tutto. Pensate agli angeli, loro hanno le ali perché si prendono alla leggera*. C’era un vecchio matto che viveva tanto, tanto tempo fa, si chiamava Lord Buckley**. E lui diceva, un sacco di tempo fa, diceva ‘le persone sono un po’ come i fiori, ed è stato un privilegio camminare nel vostro giardino’. Vi voglio bene. [certo, l’originale ‘il mio amore viene via con voi/vi accompagna’ è più bello].

* è una citazione da Chesterton

** in realtà un comico noto negli anni ’40 e ‘50

Il tutto è tratto da Reality What a Concept, o meglio, prevalentemente da Live at the Roxy, che era una delle tappe della stessa tournee, con qualche piccola aggiunta dal disco in mio possesso, registrato al ‘Copacabana‘ di New York e al ‘Boarding House’ di San Francisco. 

16. The Fisher King / La leggenda del re pescatore

 

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Mica pensavate che mi fossi dimenticata del lunedì della recensione, vero? No, non mi sono dimenticata, ma ancora una volta il compito era impegnativo, trattandosi di un’opera complessa, multistrato, che merita secondo me un’attenzione particolare, pur nel poco tempo (e spazio) a disposizione.

E comunque non è facile per me recensire questo film. Non lo amo, ma mi colpisce profondamente. Non tanto perché io davvero creda che i cosiddetti “demoni” di Robin Williams vi si siano materializzati, come Terry Gilliam ha detto di recente. Ma perché è un film dolorosissimo (non ho idea del perché il riassunto di copertina parli di un “comic masterpiece”, tutto può definirsi tranne che comico, direi), in cui la fiaba, la magia, il sogno sono usati per scavare nel profondo della sofferenza umana, individuale e collettiva. Tra parentesi, la leggenda del re è bellissima e io adoro sentire RW che racconta.

E’ anche una storia di redenzione, indubbiamente, di speranza e di poesia e di dolcezza (penso ad esempio alla scena in cui Parry vede la gente intorno a lui danzare perché la gioia di vedere la ragazza di cui si è innamorato trasforma il mondo intorno a lui, tra l’altro una scena bellissima anche dal punto di vista della luce, sembra un quadro). Ma ci si arriva passando attraverso momenti di indicibile tormento.

Jack Lucas (Jeff Bridges) sta per spiccare un salto verso il successo. Conduce una trasmissione radio seguitissima in cui esprime tutto il suo cinismo da salotto inseguendo personaggi noti in cerca di pettegolezzi e rispondendo alle telefonate degli ascoltatori nella maniera più crudele che può. Fino a che un giorno uno dei suoi commenti sopra le righe tocca un nervo scoperto di qualcuno e provoca una tragedia.

Qualche anno dopo ritroviamo Jack perseguitato dal rimorso  (per quanto egocentrico e vittimistico), e incapace di riprendere a condurre una vita normale. Una notte, ubriaco, sta per essere ucciso da una banda di ragazzi dediti ad ammazzare i barboni, quando in suo aiuto arriva Parry (Robin Williams), una sorta di moderno abitante di una Corte dei Miracoli trasferita a New York.

Parry soffre di una forma curiosa di follia, crede di essere un cavaliere e di avere come missione il recupero di un presunto Santo Graal che si troverebbe nel castello di un miliardario della città. In questa missione è ostacolato però da uno spaventoso cavaliere rosso, una sorta di demonio sanguinoso e sanguinario che lo assale con particolare ferocia quando si avvicina troppo alla memoria del suo passato.

Perché come si scopre abbastanza presto, Parry non è impazzito senza ragione. Ha visto morire la moglie amatissima proprio in quella strage che Jack ha inconsapevolmente scatenato. E in qualche modo sembra “intuire” chi è Jack, il senso di questo incontro così improbabile tra due uomini che non avrebbero nulla in comune se non quel legame che dovrebbe semmai separarli da un muro di odio e che invece potrebbe forse essere per entrambi la porta verso un nuovo inizio.

Questo film portò un’altra nomination all’Oscar per Robin Williams, che credo questa volta se lo aspettasse, giustamente, persino più delle altre due. In seguito ci ha scherzato più di una volta, su tutte quelle occasioni in cui si era trovato a dover essere felice per qualcun altro (ma poi avrebbe scherzato anche sull’Oscar, dicendo che dopo la prima settimana di complimenti e congratulazioni, la gente aveva ricominciato a salutarlo, incontrandolo, con “Ciao Mork”) 😀