65. The Butler

Certo che adesso qualunque film con Robin io guardi mi commuove, anche, ma non solo, perché ci stiamo avvicinando agli ultimi. Leggevo ieri l’articolo di una giornalista che diceva che metà degli intervistatori odiava Robin e particolarmente i suoi ruoli sullo schermo perché faceva sempre l’uomo-bambino o altrimenti l’uomo che parlava con i bambini. Era il 2002. Non ho mai avuto questa impressione. Era difficile fargli domande, è noto, perché prendeva in mano le sue interviste e ne faceva spettacoli. Ma a chi sapeva ascoltare, diceva di sé più di quanto si sarebbe ottenuto con una filza di domande, e mi pare che la maggior parte dei suoi interlocutori lo sapesse benissimo. Aveva interpretato tra gli altri (non in quest’ordine) un proto-nazista, un ebreo polacco, un profugo russo, un insegnante, diversi ruoli da medico e psicanalista (uno gli era valso l’Oscar), un bancario, un pompiere, un venditore d’auto e un omosessuale. Il cliché era sempre in agguato e forse certe persone non hanno cambiato idea nemmeno dopo Insomnia, perché chi ha bisogno di limitare una persona complessa a un singolo aspetto lo farà sempre e probabilmente lo avrà fatto anche dopo questo film di Lee Daniels del 2013, in cui Robin aveva una piccola parte, quella del presidente americano “Ike” Eisenhower. Il protagonista è il grande (per me, s’intende) Forest Whitaker. Giovani entrambi avevano lavorato insieme in Good Morning Vietnam e si sono ritrovati qui in un certo senso a parti invertite, con Robin a fare da spalla. Un’anima eccezionale, lo ha definito Whitaker. E certo non c’è stata una volta in cui si sia tirato indietro perché il ruolo era troppo poco significativo e anche quando era lui il protagonista trovava sempre il modo di mettere in risalto gli altri membri del cast più di se stesso. Moltissimi giovani attori gli devono tanto e l’invidia, benché ci scherzasse sopra a proposito degli Oscar, era come se neanche sapesse cos’era. Così dall’inizio alla fine ha recitato da protagonista, da comprimario, da spalla e anche con parti che erano poco più che camei, come in questo caso, in cui pure riesce a dare, un un film del resto bellissimo e acclamato, un suo significativo contributo, come il primo Presidente che abbia mai “messo la faccia” per i diritti dei neri. Questione che gli stava molto a cuore, come tutte quelle in cui venivano in considerazione i diritti delle persone.

Il film, dicevo, mi piace moltissimo. Molti lo conosceranno, è la storia di quest’uomo, Cecil nato nei campi di cotone, che si trova a fare il maggiordomo in ambienti sempre più elevati fino ad arrivare alla Casa Bianca, sullo sfondo della battaglie per i diritti dei neri. Il conflitto padre-figlio tra Cecil e il suo primogenito Louis ha risvolti anche nel diverso modo dei due di intendere il proprio posto nel mondo e la propria partecipazione agli eventi, mentre le piccole storie, come si suol dire, si incrociano con la grande storia: Martin Luther King, i Freedom Bus, i posti nei ristoranti per i “colored”, Kennedy… Davvero un film che merita, toccante, ben fatto, con una bellissima storia.