La lettrice della domenica – Treasure Island

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Dopo aver letto La vera storia del pirata Long John Silver, che come molti sanno amo immensamente e suggerisco a ogni occasione, ho “dovuto” riprendere la fonte originale, vale a dire il libro da cui nasce il famosissimo pirata, appunto Treasure Island, di Robert Louis Stevenson. Libro letto ai tempi in italiano e in una edizione “riveduta e corretta”, ma comunque apprezzatissimo. E no, grazziaddio quando ero piccola non c’era la distinzione tra libri per “ragazzi” e per “ragazze”, e sembrava non ci sarebbe mai più stata; poi le cose purtroppo sono andate un po’ diversamente, ma questa è un’altra storia. Una storia della quale fa parte per esempio l’aver portato mio figlio a vedere “Frozen” senza che nessuno dei due si domandasse se era “da femmine”, il che spero abbia contribuito all’educazione sentimentale del suddetto.

E sì, lo sto rileggendo e riapprezzando, ancora di più in effetti, in inglese e in versione integrale, con la stessa voglia di far le due di notte con la lucina nascosta sotto le coperte e un entusiasmo più forte del sonno.

LA LETTRICE DELLA DOMENICA 11 – What am I Doing Here

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Bruce Chatwin, What Am I Doing Here, Ed. Picador (Che ci faccio qui nella versione italiana di Adelphi, traduzione di Dario Mazzone)

Quando rimasi a vivere a Londra per qualche mese, molti anni fa, una delle prime cose che feci fu di iscrivermi alla biblioteca di quartiere, e ancora adesso penso che le biblioteche di quartiere londinesi, insieme ai parchi (di quartiere e non) siano una delle meraviglie della città. Cercai quindi subito un libro da poter leggere, ancora non ero proprio tanto abituata ai libri in lingua originale e sinceramente non avevo la più pallida idea di cosa prendere. Girando a caso tra gli scaffali, gli occhi mi caddero su un nome, Bruce Chatwin. Ricordai che ne avevo sentito parlare in Italia, di questo autore. Per curiosità presi il libro. Voi sapete com’è, no, ci si avvicina a qualcosa quasi con circospezione, un po’ di scetticismo, persino. Coi libri si comincia dall’immagine di copertina, uhm, sì, può andare. Poi si dà un’occhiata alla quarta di copertina.La curiosità aumenta ancora. Si comincia a leggere le prime righe e ci si trova d’improvviso trascinati, ammaliati, non per il desiderio di sapere come va a finire, ché questi sono racconti, o neanche tanto racconti, quanto piuttosto appunti di vite viaggi e caratteri e aneddoti e cose varie. Ma per il fascino, la bellezza, la pura gioia che dà continuare a leggere. E’ stato così per me questo libro, allora, e i libri di Chatwin, molti, compresa una sua biografia (che però non mi era piaciuta) sono stati i primi acquisti di libri in inglese fatti all’epoca in Inghilterra. Li ho amati moltissimo.

E anche quando ho smesso di leggere tutto quello che mi capitava a tiro, ho continuato a considerare In Patagonia come uno dei libri contemporanei più belli in assoluto. E questo, anche. E’ una raccolta uscita postuma e quindi solo in parte organizzata da Chatwin stesso, ma merita. Tornando alla quarta di copertina, appunto, un estratto della recensione  di J. Keats, (The Independent) diceva.”Abbiamo perduto uno dei pochi scrittori moderni in grado di trasmettere il significato della gioia“. E se un possibile significato di gioia, o un possibile modo di provarla, comunque, è quello di fare qualcosa di bello, allora ogni tanto un libro di Chatwin è bene leggerlo (o rileggerlo). Ha quella favolosa capacità di evocare vite intere in poche righe, di creare atmosfere con quella scrittura asciutta eppure per me estremamente emozionante. E poi uno definito come un avventuriero romantico, uno che dichiarava che tutta la sua vita “era stata una continua ricerca del miracoloso” e di cui si diceva che “Pochi scrittori sono stati più qualificati per cercarlo, o più capaci di distinguere il fasullo dall’autentico” (dalla prefazione, un breve estratto di Sean French, dal New Statesman & Society), beh, poteva forse non piacermi?

Dalla sezione Encounters (Incontri), un brevissimo estratto su André Malraux:

The career of André Malraux has startled, entertained and sometimes alarmed the French. An archaeologist, writer of revolutionary novels, compulsive traveller and talker, war hero, philosopher of art and Gaullist minister, he is their only living first-class adventurer. At 73 he is a national institution, but an institution of a most unpredictable kind.

La carriera di André Malraux ha sbalordito, appassionato e qualche volta allarmato i Francesi. Come archeologo, autore di romanzi rivoluzionari, frenetico viaggiatore e conversatore, eroe di guerra, filosofo dell’arte e ministro gollista, è il loro unico avventuriero di prim’ordine che sia rimasto sulla scena. E’, a settantatré anni, un’istituzione nazionale, ma un’istituzione assolutamente imprevedibile.

Da tutto il racconto esce la figura di un uomo controverso, a suo modo straordinario, descritto con i suoi tic, i gesti, il modo di vestire. le idee, i pensieri, il modo di parlare. potrebbe essere il protagonista di un bellissimo romanzo. E’ invece il protagonista estremamente vivo e reale di una bellissima cronaca dell’incontro tra due scrittori, due viaggiatori, due grandi uomini, due figure anomale ed estremamente anticonformiste di intellettuali.

LA LETTRICE DELLA DOMENICA – Le commedie di Oscar Wilde

Wilde - Le Commedie

L’importanza di chiamarsi Ernesto – ­Il ventaglio di Lady Windermere­ – Una donna senza importanza – ­Un marito ideale Un modo apparentemente leggero di mettere a nudo le ipocrisie e i luoghi comuni, un’ironia a volte caustica, più spesso benevola ma comunque pungente. Qua e là, qualche nota autobiografica, qualche riflessione più amara sparsa con tanta casualità che quasi non ci se ne accorge. Non è la risata che vi seppellirà, ma il sorriso di un uomo capace di guardare con l’occhio disincantato dell’anticonformista la società di cui pure, in qualche modo, fa parte egli stesso. Il sorriso che smaschera l’ipocrisia senza moralismi, eppure con un’etica profondissima nonostante le apparenze, o forse proprio per quelle. Perché solo i superficiali non giudicano dalle apparenze…
In italiano, purtroppo, si perdono in buona parte i fuochi d’artificio che Wilde è capace di fare con la lingua, che padroneggia splendidamente, destrutturandola e ricomponendola come in un caleidoscopio per mettere a nudo, ancora una volta, le frasi fatte che creano società artefatte.