Con tutto l’amore che posso

Mio figlio mi passa le cuffie per farmi ascoltare California Here We Come.

Ho creduto che fosse meglio per me rinunciare allo spazio che riservo alla tua ombra, per meglio vivere gli istanti, ripuliti dalla memoria, dal passato, dalla nostalgia. Illusione! Tu sei in tutte le cose della mia vita, e senza te la nostalgia non passa comunque, ma perde ogni intensità, ogni luce. Buon compleanno, mio gentile uragano. Mi manca da.morire la saggia allegria con cui avresti letto il mondo di oggi, con le sue follie e quell’insopprimibile impulso di umanità che ci resta anche nelle circostanze più ostili. Le tue luci formano la strada che dalla mia casa porta al tuo mare.

-1 La meraviglia

Imparerò a osservare il quotidiano per scovare la meraviglia che c’è nascosta dentro. Ogni più piccolo dettaglio di ciò che abbiamo davanti agli occhi ogni giorno cela una scusa per poter continuare a stupirci. Ed è la stessa scusa che abbiamo a disposizione per inseguire i sogni. A San Francisco cerco l’inaspettato, il sogno, ma forse più di tutto cerco la meraviglia nella realtà.

Io continuo a stupirmi. È la sola cosa che mi renda la vita degna di essere vissuta.
(Oscar Wilde)

Le risate spiegate al mio gatto

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Foto dal web

Il mio gatto è sempre nelle vicinanze quando scrivo e quando guardo il materiale su cui sto scrivendo, che è quasi tutto materiale video. Stravaccato sul tavolato del giardino, addormentato su una sedia, accovacciato sul pavimento… sempre a portata di carezze, ma se mi sente ridere mi guarda con gli occhi sgranati. Se per caso mi si era accomodato in grembo, salta subito giù. Non scappa ma continua a fissarmi, quasi pensasse tra sé e sé: io non rido, la ritengo una cosa poco elegante per un felino, ma credevo che voi umani rideste di gioia, come noi facciamo le fusa. Com’è che tu ridi e poi ti vengono le lacrime… non sapevo che ridere potesse far tanto male. E’ disdicevole, davvero. E anche se i gatti hanno tante vite e la saggezza di esseri misteriosi, liberi e mai del tutto addomesticabili, non so se potrei riuscire a spiegargli che qualche volta una risata è solo una lacrima che ha cambiato colore. Quanta vita c’è in una minuscola goccia d’acqua? In una risata ce n’è la stessa quantità, con tutto quello che abbiamo dentro e in più qualcosa di gioioso, una scintilla in movimento, uno sfavillio d’ali sulla superficie, che permette al buio di attraversare il giorno, e alla luce di varcare i confini della notte.

Una non-introduzione a una non-biografia

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No, non una biografia.
Una biografia richiederebbe tra l’altro contatti con la famiglia, gli amici, i conoscenti, gli intervistatori… Lo so che non è un obbligo, altrimenti non si scriverebbe della vita di personaggi vissuti secoli fa. Dunque questo non sarebbe un ostacolo insormontabile. Ma credo che una biografia necessiterebbe di obiettività e io non sono obiettiva, non posso e non voglio esserlo. Quindi questa non sarà una biografia. Racconterò piuttosto, al meglio che posso, il lavoro che Robin Williams ha fatto, i principi in cui credeva, le cose di cui ha parlato, anche la sua vita, nei limiti (tutt’altro che angusti comunque) in cui lui ha ritenuto di aprirne le porte agli altri. Tutte cose rigorosamente pubbliche. Tutto quello che si può conoscere, film, spettacoli, interviste, aneddoti, retroscena curiosi, dovunque si possano trovare le sue parole condivise con il mondo. Alcune sono molto intime, ma nessuna è segreta o strettamente privata.
E parlerò inevitabilmente anche di me, in rapporto a lui. Le cose in cui mi riconosco, l’infinito, incondizionato rispetto, la luce che ancora resta come il suo elemento, la sua luce nella mia vita. Ho un blog in cui parlo moltissimo di lui e di tutto quello che mi ha dato e che continua a darmi: dal blog è nato il suggerimento di scrivere su di lui qualcosa di più organico e l’idea mi è piaciuta, perché probabilmente quella luce è appartenuta, appartiene e potrebbe appartenere in futuro a una buona parte di mondo, per generazioni a venire. Senza dire che la scusa è ottima per fare ulteriori ricerche, studiarlo meglio, conoscerlo di più, e in generale parlare di lui, cosa che mi è molto cara. E così, eccomi qui.
Giocherò a carte scoperte, quindi, raccontando con tutta l’intensità di queste emozioni che sarete liberi di trovare eccessive e persino scomposte, perché anche lui era così, ai miei occhi almeno. Non è una parte trascurabile del suo fascino, il fatto che la sua libertà riguardasse in primo luogo l’essere “sentimentale”, ossia, per come lo intendo io, non avere paura di esporsi, mai, perché quello che per alcuni è esagerato, per altri significa semplicemente essere sé stessi, senza filtri, nella maniera più piena e immediata possibile.
Per questo non fingerò che questa sia una biografia. Dirò solo che nel tempo ho approfondito tutto quello che lo riguardava, ho intuito delle cose e quello che ho pensato mi è poi stato quasi sempre confermato da cose che ho letto, dette da lui o da chi lo conosceva. Non è accaduto sempre, e quando si tratta solo di mie supposizioni lo farò presente. Ma è un fatto che lo sento molto, molto vicino.
Un’altra ragione per cui questa non potrebbe essere una biografia è che dovrebbe essere sistematica, mentre non lo sarà, perché per quanto io mi renda conto che un certo grado di organicità è indispensabile, penso che in questo caso non si possa prescindere da un che di estroso, da una scintilla di follia, se volete.
Insomma, credo di averlo detto, questa non è una biografia. Cos’è allora? È una storia d’amore, direi. Non se ne può fare mai a meno, no? Si racconta sempre di ciò che si ama, non importa che si scriva un capolavoro o una sciocchezza. Si parla d’amore nei romanzi, nelle poesie, ma si finisce per parlarne anche nei saggi, quando ci si sofferma su un autore venerato, su uno scienziato che ha posto le basi di una teoria rivoluzionaria. Io ho deciso di scrivere una storia d’amore su quello che ho sempre considerato e che continuerà a essere il mio maestro, la mia stella guida, il mio capitano.

Questo è l’inizio che ho pensato per questo libro (al momento non so definirlo meglio) che ho cominciato a scrivere su Robin Williams. Scrivendo ho messo comunque un po’ a punto la linea che intendo dare al libro. Se avete voglia, ditemi cosa ne pensate. E intanto grazie di cuore a tutti perché con il vostro passaggio (di qualunque natura, che comprenda o meno commenti, like, ecc.) aumenta ancor più la mia (già pressante) voglia di raccontare, che è per me una fonte di energia incredibile, come forse non avrei neanche creduto. 

Fa freddo

Fa freddo. Ho tante parole dentro ma sono bloccate, intirizzite, forse, restano in gola come negli incubi in cui vorresti urlare e non ci riesci, restano dietro gli occhi come lacrime interrotte. Sono trascurate, in disordine, forse persino un po’ sporche. Ma sono vere e forti come la luce di mezzogiorno e finché sono lì, so che anche le ali sono ancora al loro posto, chiuse solo temporaneamente, perché comunque possono ancora reggermi in volo. Basta aprirle. Magari sembra difficile, ma poi, vuoi mettere?

Una promessa

Sono pronta a partire. Da stasera. Da adesso. Te lo devo in fondo. Ho riordinato le idee, mi sono riconosciuta capacità di cui ero tutt’altro che sicura, ho affilato le armi, per così dire, ho usato la scrittura per fare scorta di cose belle, per accostare il mio cuore al tuo e prendere in prestito da te quello che non avevo. Per fermarmi a pensare senza avere la sensazione di “perdere tempo”, ma al contrario, di prepararmi nel modo migliore per qualcosa di importante e fortemente voluto. Sei stato e sei dentro ogni fotografia, ogni parola, ogni emozione, tutto quello che c’è qui dentro, questo luogo ti appartiene almeno tanto quanto appartiene a me. Ti appartiene anche l’attimo di esitazione prima di dire qualcosa, quel piccolo fremito di quando infine lascio andare quello che ho scritto e sono felice e un po’ spaventata. Ti appartiene il momento in cui qualcun altro si ferma su qualcuno di questi segni che ho tracciato, e ci si ritrova almeno un poco. Ho parlato di coraggio, di libertà, di sogni, e tu eri lì. Ho parlato di luce, di forza, di mettersi in gioco, e tu eri sempre lì, più che mai. Ho parlato di vivere le proprie scelte fino in fondo, e non potevi che esserci.

In tutto questo c’entra, e c’entra molto, questo progetto di cui non riesco ancora a parlare se non per brevi cenni, piccoli appunti, note a margine e allusioni. E dentro ci sei talmente tanto che forse è anche questo che mi fa un po’ paura. Ho scelto di sentirti in questo ancor più che in qualunque altra cosa. Ho scelto che ci fossi, e tu ci sei. Da stasera, lo prometto qui, a te e a me perché sia una promessa irrevocabile, da stasera ci sono anch’io. E questo progetto lo prendo per mano come se prendessi te, per mano. e lo porto avanti, Come se camminassimo sulla stessa strada, come se fosse il nostro viaggio.

La tua notte tra le dita

Foto presa dal web

Sento la tua notte tra le dita, come morbido velluto scuro.
Vorrei esporre la mia bocca alla rugiada del tuo sguardo,
arresa a un abbandono illimitato,
le tue mani sulle mie labbra, il silenzio,
la gola scoperta, l’attesa, il palpito,
l’assaggio, i passi, il rosso dell’invito, l’acqua sulla schiena,
la terra e il fuoco tra le braccia,
l’ombra della tua quercia che m’accarezza il cuore,
il tuo giardino sul lago riflesso nei miei occhi
e quelle tenere spine sul tuo petto, di cui hai riso tanto
da farmene irragionevolmente innamorare;
le tracce nella neve, le corse sullo snowboard,
la vita a sorsate e morsi, il frutto, polpa e bucce,
i giochi a stupire, le storie per bambini e il sole nella voce,
tutto si riversa in quell’attimo bruciante,
oro fuso, la memoria smeraldo del mio sonno
sull’incavo della tua spalla, e poi il risveglio
e dopo tu, tu sorridi,
e io vivo e muoio nella luce di un respiro.

Cielo sottosopra

Pensavo che è curioso, questo interesse relativamente nuovo per il cielo, perché in effetti è nato… beh, all’incirca un anno fa diciamo. Non che prima non l’avessi mai guardato, ma c’è qualcosa di diverso. Si potrebbe magari pensare che stia provando a trovare qualche segno di te, quasi che potessi nasconderti in quel disordine scompigliato di nubi che sono sicura avresti amato molto, ma è strano comunque, perché mi pare che il tuo interesse per la terra fosse decisamente superiore a quello per il cielo. Forse, in effetti, mi piacerebbe credere che tu ti nasconda là dietro per poter continuare a guardare quaggiù, al riparo dagli sguardi e dalle pretese indiscrete.  Perché per il resto ho sempre pensato che non fosse tra le stelle il luogo giusto dove cercarti.

Forse è anche una questione di luce, perché la luce, ai miei occhi almeno,  è il tuo elemento,  e specialmente poi queste luci irregolari,  un po’ scomposte,  talvolta persino esagerate,  un po’ fuori misura e sicuramente molto fuori dall’ordinario.

Poi l’altra sera c’era quella nuvola così strana, come l’enorme penna caudale di un uccello gigantesco e candido. E quella notte, che non ero agitata o roba simile, ma semplicemente sono rimasta sveglia a lungo, a un certo punto ho pensato che potresti chiederla in prestito, quella nuvola, e anche tutte le altre, tutte quelle che possano esserti utili, come facevi con qualunque oggetto ti capitasse sottomano che trovassi interessante per improvvisare una delle tue magie, di quando catturavi un istante, una piccola cosa, un pezzetto di quotidianità, e li rendevi irripetibili e indimenticabili. Una sciarpa diventava quello che decidevi tu e apriva un mondo di possibilità. Cosa mai avresti potuto fare, cosa mai potresti fare con questi doni del vento, questo inargentare confini, confondere forme, questo continuo movimento di corpi che non sono corpi ma sogni di vapore e di schiuma e d’aria, di colori che si fondono e si distinguono in maniera così inusuale. Sì, credo che decisamente ti ci vedo, in questo caos creativo, in questo universo di opportunità. Forse è proprio questo il segreto, un cielo sottosopra, un capovolgimento, un’anticonvenzionale inversione dei ruoli, perché neanche da lì potresti mai rinunciare a mostrare che le cose si possono sempre guardare da un altro punto di vista.

Mi è venuto da sorridere, secondo me anche col cielo saresti capace di osservarlo, assimilarlo e appropriartene, renderlo un po’ ‘tuo’, come facevi con tutto quello che c’era intorno a te, per poi restituircelo reinterpretato e reinventato, mai uguale a come era prima. E Dio… beh, è evidente che se un Dio c’è, deve averlo per forza, il senso dell’umorismo, per cui credo che ti lascerebbe fare, magari un po’ in disparte, sicuro che tanto qualcosa di buono ne verrebbe fuori.

Del resto rido molto in questi giorni. Rido con mio figlio ‘piccolo’, la più simpatica bertuccia del mondo, con cui ci divertiamo un sacco, e qualche volta mi sorprendo a usare una delle tue espressioni, dei tuoi gesti, e non so se puoi capire quanto bene mi fa questa cosa. Come scrivere di te, e pensarti, quando per chiunque altro, l’unico modo di superare il dolore per la sua assenza sarebbe probabilmente cercare di mantenere il ricordo in un piccolo angolo del cuore e andare avanti, e invece trattandosi di te, più insisto a ripercorrere le tracce di tutto quello che ti riguarda, e più il dolore si attenua. E poi guardo le tue cose e rido ancora fino alle lacrime, sai, proprio perché mi manchi, più rido e più ti sento vicino e in quelle risate c’è anche questo, hai riempito la mia vita di luce e continui a farlo e sei talmente speciale che davvero, forse, nel tuo caso ridere è il modo migliore di mostrarti tutto il rispetto che meriti.

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Un po’ di cielo e un fiore inatteso tra le ringhiere del balcone

Sempre per la serie, le cose che non ti aspetti, oltre al cielo serale di 4-5 giorni fa (non la stessa cadente, quella non sono riuscita a fotografarla, ma sono molto innamorata anche di queste luci), stamattina la pianta grassa sul balcone di città mi ha fatto questo dono. Non ne conosco il nome, ma questo fiore è di una bellezza che non ha bisogno di nome.