Robin’s Monday – Piccole gemme: Mork incontra Robin Williams

No, non ho dimenticato che oggi è “Robin’s Monday”, anzi, sono anche molto felice di prendermi una meritata pausa dalla “Storia del cinema”, dal lavoro e dalle varie cose e cosette piacevoli e spiacevoli, più o meno importanti, che costellano la mia vita e tornare al mio grande amore, che sono le parole di Robin, in ogni forma possibile.

Non mi stanco di consigliare Mork & Mindy a chi ancora non lo conoscesse, perché gran parte della sceneggiatura è in realtà opera di Robin e delle sue improvvisazioni, e l’incontro del suo genio con un ambiente di regia, produzione e programmazione televisiva in cui la libertà espressiva aveva forse raggiunto i suoi massimi livelli  dà vita a qualcosa di speciale. Non che ne fossi consapevole a tredici anni, benché da lì abbia cominciato a nascere la mia passione. E non tutto è alla stessa altezza, certo, anche perché a partire dalla seconda stagione, la produzione è intervenuta in maniera sempre più pesante. Quello che era in un certo senso un gioco, seppure un gioco per certi aspetti molto serio, ma sempre di una serietà leggera, si è via via trasformato in qualcosa di diverso, più pesante (persino pecoreccio in qualche puntata) e meno allegro. Però… però Robin ha sempre saputo dare un tocco di magia alla “sua” creatura, riuscendo a far passare comunque, nel modo apparentemente svagato di Mork, tutti i temi più scottanti: politica, immigrazione, malattia e salute mentale, vecchiaia, morte, violenza. Mi fermo qui perché voglio parlarne ancora, vorrei, anzi, postare prima o poi una “recensione” di tutte le puntate a una a una. Oggi vi lascio solo un frammento, che considero – e non sono la sola – davvero una piccola gemma: Mork meets Robin Williams è tratto dalla terza stagione della serie, ed è incantevole. È proprio quello che dice il titolo: l’incontro del personaggio Mork con la “star” Robin Williams, al quale una Mindy eccitatissima è stata incaricata di fare un’intervista. Mork, gelosissimo, si ostina a non capire perché la gente lo fermi per strada scambiandolo per uno a cui lui è convinto di non assomigliare per niente. Il tema del doppio rivisitato nel suo modo inimitabile, pieno di humour, autoironia e anche tenerezza. Perché sì, al di là dell’autoironia, in Mork finisce per venir fuori una certa tenerezza per “quell’altro se stesso” al quale sa, dopotutto, di dovere moltissimo. E viceversa.

Come tante (troppe) altre cose, oggi viene riletto alla luce della morte di Robin, e si è persino detto che “Mindy” fosse riuscita nella sua intervista a fargli dire più di quello che lui stesso intendeva, ma non fatevi ingannare. Robin è sempre stato caratterizzato da una tale trasparenza e onestà da renderlo addirittura, secondo alcuni suoi familiari, quasi indifeso. Le cose che diceva qui erano le stesse che, amplificate, raccontava al suo pubblico negli spettacoli dal vivo e nelle “vere” interviste, senza reticenze o pudori. E sono cose su cui ha lavorato con umiltà, pazienza, determinazione e la profondità che era sua propria in tutto e per tutto. Quindi, quando lui dice “non sono più capace di dire di no e mi odio per questo”, ricordatevi che più tardi avrebbe detto di no niente meno che alla Walt Disney, pur di non fare pubblicità a gadget e prodotti (cosa su cui era irremovibile). Quando dice “ero un caso terminale di timidezza”, ricordatevi che l’amore immenso che aveva per il suo lavoro ha trasformato quella “debolezza” (se tale si può definire) in un punto di forza. Quando dice “forse avere del tempo per me è l’ultima cosa che voglio”, ricordatevi che è stato un uomo che conosceva perfettamente i rischi della solitudine, ma anche la sua bellezza, e la coltivava con cura quando gli serviva, passeggiando e viaggiando in bicicletta per un’infinità di chilometri.

Ricordatevi anche che a quel tempo era poco più di un ragazzo e la notorietà gli era piombata addosso inattesa e quasi esplosiva, rivoluzionando la sua vita dall’oggi al domani senza guarirlo dalla sua insicurezza (cosa che non avrebbe potuto fare altro che lui stesso, e infatti lo fece, con enorme fatica e impegno ma con ottimi risultati), che gli faceva spesso temere di perdere tutto da un momento all’altro. Ma era anche lo stesso uomo che qualche anno dopo avrebbe detto “la mia carriera ha una certa qualità elastica, va e viene, ma non è che la cosa mi preoccupi più di tanto”, l’uomo che avrebbe recitato spessissimo in minuscole produzioni a budget minimo, solo per il piacere che gli dava, e perché adorava esplorare, imparare, fare sempre nuove scoperte.

Quando dice che “i personaggi potevano dire e fare cose che avevo paura di dire e fare io”, ricordatevi che è l’uomo che a un provino che avrebbe deciso della sua carriera si sedette a testa in giù e lo fece poi, in tanti altri sensi, in tutto il corso della sua vita, scompigliando ogni luogo comune e accettando parti che altri rifiutavano, perché sapeva benissimo chi era e chi voleva essere. Ricordatevi che in tutto quello che faceva sul palcoscenico c’era il suo cuore, tutto intero, perché dentro e fuori, era sempre lui, e usava i personaggi per imparare cose su se stesso. Ricordatevi che si innamorava di mille cose e trovava la meraviglia ovunque, suonava il pianoforte e il sassofono, imparava lingue come altri imparano a camminare, aveva una profonda cultura sia storica che sul nostro tempo, e ricordatevi che quando andava in zone di guerra a portare conforto ai soldati, ci andava con la sua pelle, e non con quella dei suoi personaggi.

E insomma, ricordatevi che ha vissuto. Voglio dire, ricordatevi che è stato davvero molto, molto, molto vivo. E ricordando questo, godetevi la piccola, grande gemma di oggi, fatevi anche venire i lucciconi se proprio dovete (non crediate che non capisca), ma ridete come merita, ridete per amore, per rispetto, ma più di tutto per divertimento.