Robin’s Monday – Ridere ed essere liberi

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Stavo improvvisando, i disegnatori sono entrati e si sono messi a ridere e così sono andato avantiIn tempi come questi, con quello che sta succedendo, poter ridere ed essere liberi è una cosa fantastica, è per questo (Robin Williams, intervista per Aladdin, 1992). [Ossia, è per questo che ho registrato molto più materiale di quello che avrebbe mai potuto essere utilizzato per Aladdin. Ma di fatto: questo è il senso del mio lavoro].

In tempi come questi, poter ridere ed essere liberi… è per questo, sì. “Robin Williams, naturalmente, è un genio, uno che realizza desideri, che da parte sua ha l’inesauribile aspirazione di far felici gli altri ed è in grado di fare qualunque cosa. (David Denby). La risata come atto di ribellione, come anima della ricerca di libertà. Non vi è data che una scintilla di follia, conservatene un po’ dentro di voi, non perdetela, è quella che vi tiene in vita; perché nessun governo è in grado di controllarla. Dovete volare al di sopra di ogni cosa… (Robin Williams, da: Reality, What a Concept, 1979).

È per questo. E per molto altro ancora.

Le risate spiegate al mio gatto

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Foto dal web

Il mio gatto è sempre nelle vicinanze quando scrivo e quando guardo il materiale su cui sto scrivendo, che è quasi tutto materiale video. Stravaccato sul tavolato del giardino, addormentato su una sedia, accovacciato sul pavimento… sempre a portata di carezze, ma se mi sente ridere mi guarda con gli occhi sgranati. Se per caso mi si era accomodato in grembo, salta subito giù. Non scappa ma continua a fissarmi, quasi pensasse tra sé e sé: io non rido, la ritengo una cosa poco elegante per un felino, ma credevo che voi umani rideste di gioia, come noi facciamo le fusa. Com’è che tu ridi e poi ti vengono le lacrime… non sapevo che ridere potesse far tanto male. E’ disdicevole, davvero. E anche se i gatti hanno tante vite e la saggezza di esseri misteriosi, liberi e mai del tutto addomesticabili, non so se potrei riuscire a spiegargli che qualche volta una risata è solo una lacrima che ha cambiato colore. Quanta vita c’è in una minuscola goccia d’acqua? In una risata ce n’è la stessa quantità, con tutto quello che abbiamo dentro e in più qualcosa di gioioso, una scintilla in movimento, uno sfavillio d’ali sulla superficie, che permette al buio di attraversare il giorno, e alla luce di varcare i confini della notte.

24. In Search of Dr. Seuss

 

Mi sono un po’ innamorata, io, delle storie del Dr. Seuss, le ho scoperte quando cercavo materiale per i miei bimbi, per l’inglese e le consiglio caldamente se qualcuno volesse iniziare presto, si può cominciare quando si leggono insieme i primi libri cartonati, le prime storielle magari in rima, sono fatte proprio per i bimbi piccini ma sono divertenti anche per i genitori, garantisco.

Sono rime come queste, ad esempio, la storia del Gatto nel Cappello (The Cat in the Hat) :

The sun did not shine. It was too wet to play / So we sat in the house / All that cold, cold, wet day…

So all we could do was to

Sit!

Sit!

Sit!

Sit!

And we did not like it. Not one little bit.

And then

Something went BUMP!

How that bump made us jump!

We looked! Then we saw him step in on the mat!

We looked! And we saw him! The Cat in The Hat!

And he said to us, “Why do you sit there like that?”

Poi ci sono i libri delle lettere, dei numeri, il libro dei pensieri (“Oh, the thinks you can think!” e quello dei luoghi (“Oh, the Places You’ll Go“) e Horton Hears a Who, un amore, uno per l’altro.

Così quando, poco dopo aver incontrato queste storie, ho scoperto anche che Robin Williams aveva partecipato a un film che raccontava del Dr. Seuss, chi era lui, chi erano i suoi personaggi, da dove erano nati, da dove venivano le sue storie, bè, ovvio che non potevo perdermelo. In realtà il dvd ancora non mi è arrivato (ma sono fiduciosa), però c’è un link, qui, film in inglese sottotitolato in portoghese:

In Search of Dr. Seuss

La parte di Robin Williams è proprio la lettura di The Cat in the Hat, parte molto (troppo) piccola (dal minuto 51:20 al minuto 56:20) ma importante. E la biografia del “dottore” è interessante ed è raccontata dai suoi stessi personaggi per incuriosire anche i bambini. A un certo punto si dice che, lasciata Oxford (senza laurearsi), si mette in viaggio per l’Europa e acquista “una nuova filosofia di vita”, decidendo che “la maggior parte degli adulti prende la vita troppo seriamente” e giurando di “mantenere una visione infantile sulla vita”, guardare il mondo senza tararlo sulla base delle pressioni sociali, lasciare piena libertà all’immaginazione, reagire spontaneamente, farsi delle belle risate. Si dice anche che quando si trattava del Dr. Seuss “niente poteva essere qualunque cosa, o qualcosa, o tutto”. E naturalmente si usano le risate per parlare di cose importanti, per scompigliare le carte, per ribadire la libertà individuale anche nelle situazioni più difficili, per far scintille. Ma quanto avevano in comune questo Dr. Seuss e Robin Williams?!!!

🙂

Cielo sottosopra

Pensavo che è curioso, questo interesse relativamente nuovo per il cielo, perché in effetti è nato… beh, all’incirca un anno fa diciamo. Non che prima non l’avessi mai guardato, ma c’è qualcosa di diverso. Si potrebbe magari pensare che stia provando a trovare qualche segno di te, quasi che potessi nasconderti in quel disordine scompigliato di nubi che sono sicura avresti amato molto, ma è strano comunque, perché mi pare che il tuo interesse per la terra fosse decisamente superiore a quello per il cielo. Forse, in effetti, mi piacerebbe credere che tu ti nasconda là dietro per poter continuare a guardare quaggiù, al riparo dagli sguardi e dalle pretese indiscrete.  Perché per il resto ho sempre pensato che non fosse tra le stelle il luogo giusto dove cercarti.

Forse è anche una questione di luce, perché la luce, ai miei occhi almeno,  è il tuo elemento,  e specialmente poi queste luci irregolari,  un po’ scomposte,  talvolta persino esagerate,  un po’ fuori misura e sicuramente molto fuori dall’ordinario.

Poi l’altra sera c’era quella nuvola così strana, come l’enorme penna caudale di un uccello gigantesco e candido. E quella notte, che non ero agitata o roba simile, ma semplicemente sono rimasta sveglia a lungo, a un certo punto ho pensato che potresti chiederla in prestito, quella nuvola, e anche tutte le altre, tutte quelle che possano esserti utili, come facevi con qualunque oggetto ti capitasse sottomano che trovassi interessante per improvvisare una delle tue magie, di quando catturavi un istante, una piccola cosa, un pezzetto di quotidianità, e li rendevi irripetibili e indimenticabili. Una sciarpa diventava quello che decidevi tu e apriva un mondo di possibilità. Cosa mai avresti potuto fare, cosa mai potresti fare con questi doni del vento, questo inargentare confini, confondere forme, questo continuo movimento di corpi che non sono corpi ma sogni di vapore e di schiuma e d’aria, di colori che si fondono e si distinguono in maniera così inusuale. Sì, credo che decisamente ti ci vedo, in questo caos creativo, in questo universo di opportunità. Forse è proprio questo il segreto, un cielo sottosopra, un capovolgimento, un’anticonvenzionale inversione dei ruoli, perché neanche da lì potresti mai rinunciare a mostrare che le cose si possono sempre guardare da un altro punto di vista.

Mi è venuto da sorridere, secondo me anche col cielo saresti capace di osservarlo, assimilarlo e appropriartene, renderlo un po’ ‘tuo’, come facevi con tutto quello che c’era intorno a te, per poi restituircelo reinterpretato e reinventato, mai uguale a come era prima. E Dio… beh, è evidente che se un Dio c’è, deve averlo per forza, il senso dell’umorismo, per cui credo che ti lascerebbe fare, magari un po’ in disparte, sicuro che tanto qualcosa di buono ne verrebbe fuori.

Del resto rido molto in questi giorni. Rido con mio figlio ‘piccolo’, la più simpatica bertuccia del mondo, con cui ci divertiamo un sacco, e qualche volta mi sorprendo a usare una delle tue espressioni, dei tuoi gesti, e non so se puoi capire quanto bene mi fa questa cosa. Come scrivere di te, e pensarti, quando per chiunque altro, l’unico modo di superare il dolore per la sua assenza sarebbe probabilmente cercare di mantenere il ricordo in un piccolo angolo del cuore e andare avanti, e invece trattandosi di te, più insisto a ripercorrere le tracce di tutto quello che ti riguarda, e più il dolore si attenua. E poi guardo le tue cose e rido ancora fino alle lacrime, sai, proprio perché mi manchi, più rido e più ti sento vicino e in quelle risate c’è anche questo, hai riempito la mia vita di luce e continui a farlo e sei talmente speciale che davvero, forse, nel tuo caso ridere è il modo migliore di mostrarti tutto il rispetto che meriti.

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Tra nuvole e marciapiedi / Between clouds and sidewalks

Quando sarà che ho fatto l’ultimo giro in giostra?
E’ così tanto tempo che neppure più ricordo
il colore e la forma, o in che giardino mi trovavo.
Abito qui, ora, tra nuvole e marciapiedi,
volo tra i rami degli ulivi e ridiscendo a volte
per l’occasionale dolcezza dei lamponi;
ho traslocato da poco e forse
non sarà l’ultima volta che succede.
Faccio ancora castelli che viaggiano sull’aria,
i miei occhi sono sempre ben aperti quando sogno
e lancio ancora piccoli sassi dentro il mare,
ch’è il mio modo di rompere la quiete
per riaggiustarla dopo a cose fatte;
ma non penso più che sia la spiaggia l’importante,
solo qualche granello ogni tanto, o qualche fiore
dimenticato tra le sdraio alla fine del tramonto.
Ho anche riordinato un poco le mie cose,
lo spazio l’ho trovato gettando via i rimpianti.
La nostalgia no, ché può sempre venir bene:
sta a portata di mano in un cassetto semi-chiuso;
e poi non pensare ch’io non viva,
ho da stendere i panni e far le lavatrici,
ho figli e tastiere e giorni d’incastri e gambe stanche,
e un gatto che s’arrotola in improbabili pose nella cesta;
ho tempo per amare e prendo anche il raffreddore,
ma tengo un sole di riserva nella tasca
per qualche anomala stagione delle piogge.
Però ti prego, accarezza ancora dolcemente
le semicancellate linee dei miei fragili confini
perché svaniscano del tutto sotto le tue dita.
S’intersecano i tuoi passi disallineati
sui duri solchi delle mie pietre natali
creando quel mosaico di molteplici percorsi
tra le tue personali vie dei canti e i miei colori.
So cosa diresti di queste brecce offese,
delle crepe nei muri che esplodono
crollando in polvere inflessibile,
di queste nebbie che screpolano il cielo.
Si scioglierebbe ancora in parole la tua faccia
e riconoscerei tra mille quella smorfia ferita
che spegnerebbe i tuoi occhi appena un attimo prima
che l’illumini la compassione un’altra volta,
lo sprazzo del tuo fulmineo riso
ad inventarci una bellezza temporanea ed infinita
nascosta tra gli anfratti della nostra pelle stanca.
Per questo mi accoccolo tra i tuoi pensieri
e ti ritrovo, come sempre, dentro i miei.

Wall crack (original image on http://lokiev.deviantart.com/art/Crack-in-the-Wall-182406671)

Crack in the Wall by Lokiev

When was I last on a merry-go-round?
It’s been so long I don’t even remember
the colour and shape, or the garden I was in.
I live here now, between clouds and sidewalks,
I fly through olive branches and come down at times
for the occasional sweetness of raspberries;
it’s not long since I’ve moved house, and perhaps
it won’t be the last time either.
I still make castles and have them travel in the air,
my eyes are always wide open when I dream
and I still throw pebbles into the sea,
it’s my way to break the quiet to then fix it late in the day;
but I no longer think that it’s the beach that counts,
only some grains, now and then, or some flower
forgotten among the loungers at the end of sunset.
I’ve also tidied up my things a little bit,
I’ve made room by throwing regrets away.
Not longing, though, as it can always come in handy
It’s at my fingertips, in a drawer that I keep ajar;
and then, don’t you think I’m not living,
I’ve got to do my wash and hang the laundry out to dry
I’ve got children, and keyboards,
days with so much to wedge in, and legs that hurt
and a cat that rolls up in unlikely positions in his basket;
I’ve got time to love and sometimes catch a cold
but keep a spare sun in my pocket
for some unexpected rainy season.
But please, keep fingering with your sweetness
the semi-deleted lines of my fragile boundaries
so they will melt completely at your touch.
Your out-of-line footprints cross at times
the unyielding groove in my native stones
and create that mosaic of multiple paths
with your personal songlines and my colours.
I know what you’d say of these injured breaches,
of the cracks in the walls that blow up and collapse
into an inflexible dust,
of these fogs that chap the sky.
Your face would break up in words once again
and anywhere would I recognize that hurt frown
that would turn off your eyes just before
they’re lightened up by compassion once again,
the spark of your lightning-quick laugh
that would invent for us a temporary beauty without end
hidden in the clefts of our weary skin.
that’s why I nestle into your thoughts
and find you, as always, within mine.