Come l’amato poeta
mi vedrai vagare
per le strade del porto,
quando a sera il tempo del rientro
riversa tutti i fiumi – d’acqua e di persone
– in un’unica valle, una conca
al centro del nostro piccolo universo.
Gli usci chiusi delle case, vedi,
sono come il nostro mare,
limite ed invito, la soglia
da cui tutto ha inizio
ed ogni cosa pure ha fine.
Ora, ecco,
la sera s’è rabbuiata tutt’a un tratto
il mare, come un cane
uggiola deliziato nel silenzio.
È la notte delle navi
e anche noi, che non sappiamo dove
pure continuiamo a navigare.
Strade
Trovarti
Ho capito che in quei momenti in cui ti sento più lontano, è solo per farmi modificare la rotta, affinché io non prenda niente per scontato. Mai abbandonarsi alla mediocrità, alla routine, mai smettere di cambiare, di sperimentarsi e mettersi alla prova, è sempre stata questa la principale molla di ogni tuo coraggio. Nulla resta uguale e rendere straordinaria la propria vita significa prima di tutto mantenere la capacità di stupirsi ogni giorno dei dettagli, perché l’immobilità non si addice né gli oggetti, né ai ricordi e alle persone meno di tutto il resto. E allora cerco di modificare il mio sguardo, non so se riesco a evitare la mediocrità, ma la tua grandezza la vedo e mi serve. Torno a cercarti, amore mio, ti cerco mutando angolature e prospettive e ti trovo dovunque. Negli inizi sfolgoranti e nei finali di fuoco rosso, nelle sfumature tenui dei giorni in cui persino i colori sono stanchi, o forse solo un po’ pigri; nei contrasti e nell’armonia; nelle attese, negli incontri casuali, nei volti tra la folla; nell’insofferenza verso tutto ciò che resta in superficie, nella scalpitante impazienza contro ogni forma di ipocrisia, nella solitudine cercata e subita e nella compassione; tra gli aghi dei pini e nei tronchi delle querce; in un grido di rabbia e di dolore illuminato dal sole dell’alba, nelle prime luci del mattino tra i tetti, nelle nuvole in fuga come rondini in questi cieli dispersi; nel cuore dolce delle cose, nell’onestà inseguita tra parole e fatti; sulle scale, nei giardini, nei viali e su per le mulattiere inerpicate verso ignote altitudini. Su ogni bicicletta, sei lì che crei il tuo itinerario tra le voci che si rincorrono e sei così tanto in mezzo al mondo, così tanto tra la gente, così tanto a modo tuo. Il tuo riso risuona in ogni musica che ascolto, il tuo sorriso s’illumina ogni volta che schiaccio un interruttore, il solco che hai scavato dentro di te ha tracciato la mia strada, nel mio cuore c’è quella ferita che amo così tanto perché è un altro dei luoghi in cui sei e in cui non ti perdo mai, tra ciò che vivo e ciò che immagino, nel silenzio di quello che nasce e di quello che muore, in tutto quello che scrivo e che ho scritto anche prima di saperlo, sai che al mio personaggio più amato ho dato il tuo naso, e neanche me ne ero resa conto, però dopo me ne sono accorta, oh sì, perché sono innamorata anche di quello, sai. Sei nell’amore forte, che è impegno e costruzione e allegria e grazia, a ogni passo una sorpresa e sempre, sempre, in ognuno di quei passi, in ogni più segreta piega di me, in ogni fibra della mia forza, tu.
Giulia e il Trovarobe

Foto dal web
Giulia aveva un gatto. Si chiamava Ermes, e non era un gatto come gli altri. Cioè, il suo aspetto era abbastanza comune, un bel pelo grigio lucente, curiosi occhioni verdi e baffi bianchi sottili come fili di nylon, sempre all’erta. Però Giulia era convinta che Ermes fosse una specie di mago, perché qualsiasi cosa lei perdeva, un giocattolo, una calza, un fermaglio, poteva stare sicura che lui glielo avrebbe ritrovato. Bastava che dicesse, per esempio: “Ermes, fermaglio”. E in capo a dieci minuti al massimo, ecco il suo fermaglio ben in vista in un posto dove non poteva non vederlo.
La mamma diceva che era lei che era disordinata, lasciava le cose in giro e il gatto se le trascinava via per poi riportarle chissà dove, ma Giulia sapeva che non era così. Perché non era mai successo che se gli chiedeva una cosa qualsiasi, magari scomparsa da mesi, lui non gliela facesse ritrovare.
Così per tutta la famiglia il gatto di Giulia era diventato Ermes il Trovarobe.
Un giorno a Giulia venne un’idea, perché era molto curiosa e le piacevano le strade nuove, e pensò che Ermes avrebbe potuto trovarle la strada dei sentieri perduti.
Una strada così doveva esserci, perché quando qualcuno si perdeva, prima di ritrovare la via giusta c’era tutto un pezzo di cammino che faceva così, a caso, e quel pezzo di cammino poi dove andava a finire? Doveva essere una strada molto più bella di quelle che non si perdevano mai, piena di storie fantastiche, di professori con la testa tra le nuvole, di poeti, di persone venute da paesi lontani dove magari esistevano ancora le fate.
Doveva trovare quella strada a tutti i costi, e chi avrebbe potuto aiutarla se non Ermes?
Ma quando glielo chiese, lui rispose solo miao.
Fu così il primo giorno, il secondo, il terzo. Passò un mese, ne passarono due, e poi tre, e venne l’estate. Ma la strada dei sentieri perduti Giulia non l’aveva ancora trovata.
Giulia abitava in una piccola città sul mare, e l’estate era per lei la stagione più speciale di tutte. Aveva una tale passione, per il mare, che sarebbe rimasta in silenzio a guardarlo per ore senza far nulla, soltanto pensare, seguendo con la mente il ritmo delle onde e colorando i suoi sogni con l’azzurro dell’acqua. Sognava che un giorno avrebbe avuto una barca come casa, e avrebbe vissuto sempre sul mare.
Qualche volta si portava dietro anche Ermes. Era sempre stato un gatto tranquillo, si rannicchiava nel suo cestino e dormiva, incurante delle follie della sua piccola amica, aspettando paziente che venisse, per tutti e due, l’ora della pappa.
Ma un giorno di quell’estate, inspiegabilmente, Ermes fuggì. Giulia era andata a fare il bagno, e al suo ritorno il micio non c’era più. Inutilmente lo chiamò, inutilmente lo cercò in ogni angolo della spiaggia, tra gli alberi dei giardini, sulla piazza coi gatti vagabondi, tra le macchine del parcheggio.
Sempre più preoccupata, continuò a camminare finché giunse ad una piccola cala dove non era mai stata prima. Era un po’ nascosta e protetta da alti scogli, ma presa com’era dall’angoscia Giulia li aveva saltati senza neanche accorgersene.
E lì in pieno sole, spaparanzato a guardarla innocente come se fosse la cosa più naturale del mondo, c’era Ermes. E dietro Ermes, una barca rovesciata.
Mentre il micio continuava a fissarla, Giulia prese a intonare una strana filastrocca mai sentita prima:
Barca, piccola barca
Sogno di luna
Canta sull’onda
La vela fatata
Il tempo va in fretta,
piccola barca,
il guizzo di un pesce
l’istante di un sogno
e sei già arrivata…
Giulia era sicura che sotto la barca ci fosse qualcuno, sentiva il rumore di un respiro un po’ affannato. Ma chi era? Forse un elfo, o una strega, o forse solo un vecchio che voleva restare solo ed essere lasciato in pace. Incerta su cosa fare, Giulia stava infine per andarsene, quando la barca si sollevò, e uscì fuori un bambino più o meno della sua età.
– Ciao – disse Giulia.
– Ciao – disse l’altro bambino.
– Come ti chiami? – Chiese Giulia.
– Ahmed – rispose lui.
– Che nome buffo! Esclamò lei.
– Non è buffo, è solo che vengo da lontano. – parlava l’italiano con un po’ di difficoltà e un accento al tempo stesso duro e musicale.
– lontano dove?
– Dal Marocco, in Africa.
– E come mai sei qui? Hai perduto la strada?
– Sì e no – disse Ahmed.
– Come, sì e no?
– La strada di casa non si perde mai. Però altre strade si possono perdere. Noi siamo andati via perché abbiamo perso la strada della speranza. Nel mio paese quella strada non si trova più, è solo un vicolo cieco che non porta da nessuna parte.
– Beh, ma se è solo per questo, Ermes quella strada lì te la può ritrovare. Lui trova tutto, sai? Lo chiamiamo Ermes il Trovarobe. Pensa, qualche mese fa gli ho chiesto di trovarmi la strada dei sentieri perduti. Ci ha messo un po’ di tempo, però alla fine l’ha trovata, perché qui ci sono i tuoi sentieri perduti, no? E io scommetto che chi si perde ha storie bellissime da raccontare e anche tu ne hai.
Ahmed scoppiò a ridere, ma poi, mentre Ermes lo fissava, anche lui cominciò a cantare la sua nenia sconosciuta.
Barca, piccola barca
Sogno lontano
Il tempo si ferma
Luna stregata
Sull’acqua d’argento
Danza la vela
al suono del mare
piccola barca
adesso è arrivata…
Allora Ahmed disse, guardando Ermes: – Sai, forse il tuo gatto un po’ magico lo è. Forse è davvero qui il sentiero che cercavi tu, e anche la strada che avevo perso io.
E poi cominciò a raccontare…