tramonti
Equilibri e sogni
Il sole tramonta rapido, ti sembra quasi di vederlo muoversi, è ancora più difficile a quest’ora credere che sia la Terra, a muoversi, come puoi non credere a qualcosa che i tuoi occhi vedono tanto chiaramente, in cambio di una verità invisibile? Il sole scende veloce, e pare che ti scenda dentro, che andando giù entri dentro la tua pelle, ma il suo rosso cerchio di fuoco resta lontano, inafferrabile. Quello che ti scava dentro è la fine, la scomparsa. Quella bellezza, quella magnificenza che è la magnificenza dell’addio. No, lo vedo, il sole, che rimpicciolisce fino a sparire dietro le colline, un attimo fa era ancora una sfera completa quasi in mezzo al cielo, poi è sprofondato, l’ho osservato chiaramente ridursi a due terzi, poi metà, poi una minuscola striscia, e infine più niente, solo una scia di luce arancione che verso su sbiadisce nel lilla e più su ancora nell’azzurro lattiginoso di questo cielo che non esiste, è solo aria a cui i nostri occhi fallaci danno un colore e quasi una consistenza. Non mi ingannate, è il sole a muoversi, le colline sono immobili, fisse al loro posto, chi ci crederebbe che sia la Terra a girare? Eppure, a pensarci, che cosa affascinante, questo movimento che permette a un pianeta di non perdersi, di mantenere il suo posto nello spazio, di far crescere su di sé qualcosa di vivo e di precariamente stabile. Rotazione e rivoluzione, il moto di un oggetto che permette agli oggetti che porta su di sé di stare in equilibrio. Ho un pensiero però che è come un piccolo squilibrio nel cuore. Se le forme, i colori, la sostanza stessa che crediamo di vedere dipendono dall’illusione della luce che colpisce i nostri occhi in un modo o nell’altro, se ciò che sembra reale non lo è e forse l’unica cosa reale sono i sogni, se persino la vita è un sogno, non potevo allora sognarti da più vicino?
Luci del tramonto
Non mi chiedete perché WP abbia inserito alcune delle fotografie girate in modi strani, io le vedevo dritte quando le ho caricate… 😦
Comunque, stasera passeggiata tra Piccapietra, De Ferrari e San Matteo (risalente al 1278). Quando ho detto che Sarzano era probabilmente la mia piazza preferita a Genova avevo temporaneamente dimenticato San Matteo. Al momento ci sono delle impalcature e non è al suo meglio, ma è comunque adorabile.
Ritorno con tramonto su Piazza Corvetto e Via dei Santi Giacomo e Filippo
Di nuovo in campagna per il weekend! Ho bisogno di questo profumo inebriante di foglie e pini e terra bagnata, adesso che finalmente ha piovuto anche qui. Non abbastanza per i funghi, dicono, ma sufficiente per gli orti che regalano ancora pomodori, zucchine, broccoli e porri e persino qualche piccolo peperone verde, che forse nel clima più caldo di Genova potrebbe ancora crescere.
Tra terra e cielo poi, sapete che mi è difficile scegliere, fotografo tutto. Anche la rosellina che caparbia fiorisce ora più che mai.
Stasera…
Il cielo di stasera
Tramonto e crepuscolo
Di vento, bruchi, amarene e imenotteri
Ieri sera c’era vento. C’è spesso qui, la sera. Un vento freddo freddo, secco secco, più da autunno che da estate, benché da oggi l’estate sia ufficialmente iniziata. Un vento burbero e scorbutico, che però allontana la nebbia e la pioggia, afferra le nuvole e le trascina con sé, le plasma e le modella in forme curiose, le ricama e gioca con loro, come un vecchio brontolone e dispettoso, che tira e sbuffa per nascondere la voglia di divertirsi e di fare qualche burla un po’ infantile.
Non mi stupisce che lo si possa pensare vivo e dotato di anima. Talvolta sa essere gentile, sospingere le vele nella giusta direzione, trasportare dolcemente i semi là dove possono trovare terra fertile; poi, d’improvviso viene afferrato da un ghiribizzo di monello, scompiglia le carte, soffia da ogni parte per confondere le idee e non far capire da dove viene, cambia di posto a ogni cosa. E tocca sperare che non venga preso da una di quelle furie, quando sradica, spezza e ribalta ogni ostacolo sul suo cammino. Ma qui non accade quasi mai.
Stamattina mentre scrivo il vento è poco più che una brezza e gli ho affidato la riproduzione dei papaveri e chissà, forse anche di altri fiori, quando crei un giardino ci sono sempre delle sorprese. Piante che pensi dureranno solo una stagione e invece poi rispuntano, apparentemente dal nulla, l’anno dopo, magari in un luogo diverso da quello dove le avevi collocate in origine. Il giardino è un mio antico amore, ripreso dopo tanti anni quasi per caso, fa parte del prendersi cura, e mentre contemplo i suoi colori penso che mi piacerebbe che tu lo vedessi, che ho dovuto anch’io riprendermi dopo essere appassita per un po’, e uno dei segni di questa mia nuova rinascita, insieme alla scrittura, è stato ricominciare ad occuparmi del giardino, rivedere nei suoi colori un pezzo del paradiso che tu immaginavi. Fiori, musica, persone, dipinti, libri. Il tuo cielo, come la tua terra, somigliano ai miei tanto da far male, ma di quel male che guarisce le ferite e riporta l’anima al suo posto.
Fotografo il cespuglio di lavanda, letteralmente invaso da insetti e farfalle. Un brulichìo di vespe e calabroni che si fanno i fatti loro, mangiando a sazietà e impollinando le nostre piante e che io non ho nessuna ragione di disturbare. Loro non disturbano, del resto, e se mi vedono non si spostano affatto, continuano imperterriti nella loro attività come se non ci fossi. Le rare volte che sono stata punta è stato in città, nell’aprire un portone, o in vacanza, bevendo da una fontanella, ignara in entrambi i casi della vespa che prendeva il fresco sul lato in ombra della maniglia e, rispettivamente, sul rubinetto inumidito e seminascosto sotto le fronde degli alberi. Qui, sembra quasi che in qualche modo gli insetti si siano trasmessi l’informazione che c’è cibo in abbondanza e niente da temere. Se chiunque mi avesse detto, ancora pochissimi anni fa, che mi sarei seduta tranquilla a leggere senza curarmi minimamente del brusio di imenotteri dotati di pungiglione, e anzi, trovandolo rilassante, lo avrei dato per impazzito senza rimedio.
Non t’innamoreresti forse di tutto questo? Non andresti a cercare un bruco in particolare, per fartelo amico (sono certa che ricordi Bob), tremare alla sua morte apparente e gioire poi rivedendolo trasformato dalla metamorfosi in un essere ancora più spettacolare e per giunta con le ali, gli occhi illuminati da quella scintilla di stupore e tenerezza che ancora oggi mi commuove? Non t’incanteresti seguendo di giorno in giorno il lento aprirsi di un fiore?
Ancora doni, ancora una rinascita, e nuove passioni di cui ti sono debitrice, la poesia, il giardino, ma ci sono ancora tante, troppe cose di te che non so. Tante cose da imparare sui tuoi gusti: la musica, i libri, i colori, la cucina, i frutti… oggi ho fatto lo sciroppo di amarene e pensavo, chissà se esistono, in California, se esistevano, nella tua tenuta se le hai mai mangiate e se ti piacevano. Mi sembra difficile non amarle, in un modo o nell’altro. Appena staccate dall’albero, magari infilandosi tra le fronde e rivivendo le avventurose arrampicate di ragazzi, con meno incoscienza forse, ma con altrettanto gusto, e lasciando che la ritrovata monelleria lasci tracce di rosso tra il naso e le labbra. Oppure in sciroppo, appunto, o in marmellata.
La cosa che mi piace di più è che anche immerse nello zucchero, non perdono mai quel caratteristico sapore asprigno e profumato – non mi viene parola migliore per definirlo – che ti resta in bocca, in qualunque modo le prepari. Che poi, si potrebbe dirla anche al contrario, perché anche quando le assaggi senza nessun trattamento, spiccandole dal picciolo aspre come sono, sulla lingua rimane un delizioso sentore di dolcezza. Un tratto, questo, che si può usare per non pochi paragoni. La vita, l’amore, le emozioni in genere, magari una persona, potrei associarlo a te perché associo a te qualunque cosa, ma non siamo forse tutti così? Un po’ di selvatico nella dolcezza, un po’ di dolce nel selvatico, lasciamo emergere di volta in volta la parte più aspra o quella più morbida, ma un poco del lato opposto c’è sempre, più nascosto, pronto a venir fuori al momento giusto.
Stasera, poi, il cielo è così, cielo di mercurio ragazzino, cielo che scappa e si fa inseguire, oro liquido e ombre, e con questo cielo, tu…
Ancora qualche foto di ieri sera – tra fiori e tramonti
Un po’ di cielo e un fiore inatteso tra le ringhiere del balcone
Sempre per la serie, le cose che non ti aspetti, oltre al cielo serale di 4-5 giorni fa (non la stessa cadente, quella non sono riuscita a fotografarla, ma sono molto innamorata anche di queste luci), stamattina la pianta grassa sul balcone di città mi ha fatto questo dono. Non ne conosco il nome, ma questo fiore è di una bellezza che non ha bisogno di nome.