Ho messo insieme un po’ di pensieri e non so quanto nesso logico ci sia tra uno e l’altro. Diciamo che si sono presentati un po’ alla rinfusa, e alla rinfusa ve li racconto.
Ieri mattina sono stata a un funerale. Un uomo giovane, padre di un bimbo piccolissimo. Una malattia che non perdona. Quelle cose che sappiamo che accadono e ogni volta vorremmo urlare che non dovrebbero succedere, che non è giusto, e ci ribelliamo, ma poi la vita non è giusta. Ci diciamo anche che questo dovrebbero spingerci a inseguire i sogni, a non avere paura, a non preoccuparci delle piccolezze, a ricordare le cose importanti. E già sappiamo che non lo faremo, o lo faremo in parte, perché non è vero che non curiamo le cose importanti, ma quest’uomo che è stato ricordato per il sorriso, per le mangiate con gli amici, per gli scherzi e la serietà sul lavoro, penso avesse capito che anche le piccolezze sono importanti. Vivere, va fatto col cuore, e col cuore ci arrabbiamo per i brutti voti a scuola, per la prima cotta non ricambiata, con il cuore soffriamo e siamo felici anche, a volte, per cose che poi non avrebbero tanta importanza, ma ce l’hanno perché sono nostre e finché siamo vivi anche le cose piccole ci toccano. La lavatrice che si guasta continuerà a renderci isterici anche se sappiamo che i problemi sono altri, una passeggiata in montagna o un’alba sul mare ci renderà felici anche se (o perché) la vita finisce, ed è questo che rende importante viverla, davvero, questo può renderla non “giusta”, probabilmente, ma comunque “viva” in tutti i suoi piccoli istanti preziosi.
E mi chiedevo, allora… quando qualcuno muore, tutti noi cerchiamo, dopo il primo momento di lutto, di relegarlo in qualche angolo del cuore e della mente, ricordandolo tutto sommato sempre meno, solo occasionalmente, quando qualcosa, un odore, un sapore, un luogo, una frase ce lo riportano alla mente perché sono strettamente legati a quella persona. E’ questione di sopravvivenza in fondo, eppure mi chiedevo se nonostante le apparenze, non possa essere più di aiuto la memoria, invece. Scriverne, parlarne, insieme a mille altre cose, certo, perché non c’è dubbio che la vita debba andare avanti. Ma “avanti” è solo una direzione, quella direzione va riempita, di piante da coltivare, piatti da cucinare, bambini da portare e andare a riprendere all’asilo e poi a scuola e poi da accompagnare lungo la strada che prenderanno, amori di cui prendersi cura, lavori da fare, sogni da sognare. E memorie.
E qui vengo a un altro pensiero, chiedo scusa a chi pensa che l’accostamento sia inopportuno, o che le due cose siano troppo distanti per poterle accostare. Per me non lo sono. Perché semplicemente, gran parte di quello che ho imparato sulla vita, poco o tanto che sia, lo devo a lui.
Leggevo, sempre in questi giorni, che la figlia di Robin Williams non riesce ancora a rivedere i film del padre. Anche persone che non lo hanno conosciuto, ma che lo ammiravano, hanno la stessa difficoltà. Pensavo a come i suoi figli, tutti e tre, hanno vissuto la sua morte, il contrasto tra l’intensità fortissima del dolore che si legge nei loro gesti, nelle loro parole e nei loro silenzi, e la compostezza, mi viene da dire la consapevolezza che mostrano. Zelda ha la stessa dolcezza e la stessa luce negli occhi di suo padre e anche se non conosco né lei né i suoi fratelli, per quello che posso vedere del loro comportamento, che è sempre un aspetto limitato, certo, me ne rendo conto, però pensavo che per quello che traspare, la conferma migliore di tutto quello che continuo a credere della morte e soprattutto della vita di Robin Williams sono loro.
Se la nostalgia, il senso di mancanza e di perdita che quest’uomo ha lasciato sono così grandi in me e in milioni di altre persone che non lo conoscevano, cosa dovranno provare loro? Vorrei abbracciarla, abbracciarli tutti, stretti stretti, e per quanto sia difficilissimo e forse sbagliato entrare nel dolore degli altri, vorrei dire a lei, a loro, provate, provate a riguardarle, tutte le sue cose, l’inizio sarà duro, questo è certo, forse persino quasi insopportabile in alcuni momenti. Ma poi vedrete, sarà lui stesso a darvi conforto, perché è la cosa che lo ha reso così speciale, far stare bene gli altri. E’ come se tutto il suo lavoro fosse stato dedicato a darci un senso. Come esseri umani, intendo. Accipicchia se la sua vita è stata straordinaria e spettacolare, ma era la sua convinzione, la convinzione profonda, non solo a parole nella scena di un film, che tutti potessimo renderla tale, che ha cambiato la vita a così tante persone. E’ un pensiero un po’ confuso e il pensiero di una persona la cui vita si è intrecciata con la sua solo da molto, molto lontano. Però non so se sia vero solo per me, questo fatto magari un po’ paradossale, cioè che l’unico balsamo, l’unica cura possibile all’assenza sia viverla così a fondo da farla diventare presenza. Costante e incancellabile.
Ecco, se c’è un nesso è questo, questo amore che dura, perché davvero è la vita di una persona che dovrebbe restare nel nostro cuore, permetterci di non distaccarci, anzi, di entrare corpo e anima nel nostro dolore per poter poi superarlo non pensandoci di meno, ma pensandoci “meglio”, facendo sì che sia la costanza dell’amore e non l’affievolirsi del ricordo, a salvarci. Siamo tutti così abituati a pensare che dobbiamo “farcene una ragione”. Ma forse non è quello che davvero vogliamo, non è quello che ci fa stare bene. Può sembrare. Ma davvero poi è così? O il dolore non resta poi, silenzioso, a impregnare le nostre giornate senza che ne accorgiamo, proprio perché abbiamo tentato di scacciarlo?
Oh, io lo so che il mio è un amore ideale, quasi “letterario”, certo scriverne lo ha cambiato, e lo ha cambiato scriverne “in pubblico”. Immagino sia un po’ come quando uno deve fare leva sui propri sentimenti personali per rappresentare un’emozione di fronte a una telecamera o su un palcoscenico.
Quindi, si potrebbe dire, non è la stessa cosa.
Chi mi conosce e mi vuole bene però suggeriva, all’inizio, di pensarci meno, di non guardarli, i suoi film e i suoi spettacoli, le sue interviste, din non leggere gli articoli che lo riguardavano, perché sembrava che mi facessero stare più male. E io avevo dei dubbi, ma testardamente ho continuato, perché in quel male volevo immergermici, non per masochismo, anzi, perché in qualche modo sentivo dentro di me che era la cosa più “viva” che avessi. Perché la mia paura più grande era proprio che certe cose sbiadissero. E per questo, in gran parte scrivo e ho scoperto che sono molto più felice, oggi. Come dicevo qualche giorno fa, felicità significa per me prendere tutto quello che abbiamo avuto, che abbiamo, che siamo, tutto il nostro tempo, nel bene e nel male, e farne consapevolezza, capacità di essere noi stessi in ogni momento. Inutile dire che questo è stato uno degli insegnamenti più preziosi che abbia preso da lui.
E allora mi chiedo se dal momento che il dolore più grande lo proviamo per chi abbiamo amato di più, non sia proprio tenere ostinatamente quell’amore molto, molto presente in ogni aspetto della nostra vita, la cosa che può, alla fine, restituirci il senso.
[ho tolto il video perché non era quello giusto, non trovo quello di Mork in Wonderland, purtroppo, da cui è tratta questa scena]
Orson: Mork, I know this may be painful, but tell me exactly how you felt when Mandy passed on. (Mork, so che può essere doloroso, ma dimmi esattamente cosa hai provato quando Mandy è morta) [Nota: nella puntata Mork rimpiccioliva fino a trovarsi in una specie di mondo parallelo lillipuziano in cui ritrovava personaggi molto simili a coloro che conosceva, “miniaturizzati” e con nomi leggermente diversi]
Mork: Hm. Well I felt anger at first and anguish and a sense of deep loneliness. (Mmh, ecco, ho provato rabbia all’inizio, poi angoscia, e un profondo senso di solitudine).
Orson: I can’t even fully comprehend one emotion. All those emotions at once. It must cause insanity. [Non riesco a comprendere appieno neppure un’emozione alla volta. Tutte queste emozioni insieme, dev’essere una cosa da impazzire).
Mork Well, it does at first, sir. Then after you have time to think, you realize the good side. You realize that love can extend beyond universes and even beyond death. Till next week, sir. Nanu. (Beh, è così in un primo momento, signore, poi, dopo che hai avuto tempo di pensarci, cominci a vedere l’aspetto positivo. Ti rendi conto che l’amore può estendersi oltre gli universi e persino oltre la morte. Alla settimana prossima, signore. Na-nu).