Ho iniziato l’anno con alcune cose preziose, quelle che voglio fortemente portare avanti per tutto il 2020, tra cui guardare i lavori di Robin: ieri ho rivisto, forse per la quinta volta, Weapons of Self Destruction, uno degli spettacoli teatrali che amo di più; e come sempre ho attraversato momenti di feroce commozione e di risate senza freni (oh, il GPS con l’accento scozzese, la cantilena strascicata di Bob Dylan o la voce impostata di un attore britannico; e oh, Christopher Walken che recita un porno…). Come sempre ho pensato che il mondo è sempre lo stesso, che lui sapeva leggerlo come nessun altro e che la sua interpretazione delle cose è ancora la più acuta, la più realistica e la più attuale. E che ridere è per me l’unico rito propiziatorio che funzioni, l’unica magia in cui credo.
Weapons of Self Destruction
L’intelligenza è l’arma più forte
Si può parlare di Good Morning Vietnam a un corso di business English? No, non si può, si deve. La presa in giro di chi usa le sigle come modo per darsi importanza, e non fa altro, così, che sottolineare la propria inettitudine, sembra fatta per strappare una risata d’istinto, solo per le espressioni e la mimica (sono tutti straordinariamente bravi). In realtà è una bella zampata. E senza tempo.
Excuse me, sir. Seeing as how the V.P. is such a V.I.P., shouldn’t we keep the P[ress].C[onference]. on the Q.T. [quiet, off the record]? ‘Cause if it leaks to the V[iet].C[ong], he could end up M[issing].I[n].A[ction]., and then we’d all be put out in K[itchen].P[atrol].
Torno a casa, e trovo questo: in realtà visto almeno cinque o sei volte da Internet e recensito qui, ma alla fine non resisto, devo avere il dvd “vero”, e magari con i contenuti speciali. È la serata giusta. Lo sarebbe comunque, ma in questo momento ha un sapore come di conferma, sì, so cosa stai facendo e soprattutto lo sai tu, per cui va benissimo.
E insomma, va beh, che ve lo dico a fare?
Robin’s Monday – Stand up 5, Weapons of Self Destruction
Oltre cento date, uno spettacolo iniziato nel 2008 quando alla Casa Bianca c’era Bush, proseguito quando si era già insediato Obama, fino alla fine del 2010; 5000 persone a sera, con parte del materiale creato appositamente di volta in volta per ogni città del tour. Salute, politica, pornografia, religione, matrimonio, auto ibride… Attore premio Oscar/scrittore/comico/spirito libero, così ti presentano nel DVD dello show. L’ultima definizione, naturalmente, è quella che mi piace di più.
I tuoi “problemi di cuore”, come ironicamente li chiamavi, sono iniziati dopo 30 spettacoli nel corso della tournée. Facevi dai 30 ai 50 chilometri al giorno in mountain bike e all’improvviso, inaspettatamente hai sentito che le colline non ti erano più amiche. Difficoltà respiratorie, una tosse persistente, l’angiogramma rivela una valvola bruciata. Un po’ come una Chevrolet. Dopo gli spettacoli di solito ti sentivi benissimo, nonostante la stanchezza, a un certo punto invece hai cominciato ad arrivare a fine serata sfinito, in uno stato di affaticamento davvero eccessivo, e ti sei deciso a sottoporti a questa operazione non più rinviabile.
Hai forse pensato di fermarti, dopo? No di certo. Avevi ripreso anche ad andare in bici, anche se non in mountain bike. Non volevo rischiare di trovarmi su un sentiero e sentire la voce di un avvoltoio, ‘oh che peccato, una vera sfortuna per te che tu sia caduto’.
Una seconda chance – un nuovo inizio. Dopo “una valanga di dolore da poterci scrivere un secondo Libro di Giobbe”, chiedeva un giornalista, perché le persone ancora ti amavano tanto e soprattutto si fidavano così tanto di te, del tuo giudizio, da raccontarti le loro battaglie personali che avevano vinto anche grazie a te, alla tua comicità? Capisco che vuoi dire: quale affidabilità ho? Perché chiedono consiglio a me invece di andare da qualcuno più qualificato? Perché non ti vergognavi di parlare di te: non avrebbe senso non parlarne, è quello che è successo e tutti lo sanno. Perché hai affrontato la domanda che prima o poi forse tutti noi, o quasi, ci troviamo a porci: quanto, davvero, voglio vivere? Perché avevi chiuso con l’autocompatimento che è alla base di tante cose che ci bloccano, e mica vale solo per te, sai? Perché avevi potuto parlare di quando mandi affanculo le persone che ti sono vicine fino a trovarti solo, e qui lo hai fatto senza far ridere, lasciando il tuo pubblico in un silenzio attonito ma partecipe, e forse in un certo senso sollevato, perché capita, oh sì, capita a molti.
Pagare i conti, raccontare le trasformazioni dell’America, raccontare quello che era successo nella tua vita, dire sono di nuovo qui, sono vivo! E anche far soldi alla vecchia maniera, porta a porta. Estenuante, certo, ma non ti sei fatto pregare per “tornare sulla strada”, non solo prima dell’operazione: neanche in seguito. Già dopo un mese o due, fosse stato per te, avresti ricominciato. Ci hai anche provato, una notte, ma ti sei trovato col fiato corto e hai capito che non eri ancora del tutto pronto. Ma al terzo mese, hai deciso che potevi farcela, forse appena un po’ più lento di prima, ma non molto. Saranno in pochi ad accorgersene, comunque la prendo un po’ più con calma. Quello che non era rallentato era la tua “perspicacia sui temi riguardanti la società e i più recenti avvenimenti” e l’energia con cui li esprimevi. Forse meno esagitato rispetto ai primi spettacoli, ma non meno divertente.
C’è voluto del coraggio, ma “a Robin Williams il coraggio non è mai mancato” osservava un’altra giornalista.
(…) “Negli ultimi due anni, con tutto quello che ha sofferto, il cervello è quello che gli è servito a mantenere il suo spirito positivo”, diceva Crystal. “Credo che lo stand-up gli serva in modo diverso da prima, è un posto sicuro, ma può parlare di certe cose e aiutare se stesso a stare meglio, non solo tutti gli altri”. Ma gli amici dicevano che non era necessario scavare tanto a fondo per trovare il tuo lato sensibile. E secondo Zak tu ti aprivi agli altri “talmente tanto da essere disarmante”. Eppure, quando a proposito di una parte molto divertente dello spettacolo, sui tweet, ti hanno chiesto se usassi i social media hai detto no, per niente: non sento il desiderio di condividere ogni dettaglio della mia vita, tipo ‘sto facendo colazione, tutto va bene’. È la mia vita. Ancora una volta, ci vogliono parecchie contraddizioni per arrivare a cogliere la tua essenza.
Sia come sia, Weapons of Self Destruction è uno spettacolo straordinario. Chapeau!