#Film anni ’30 – Little Caesar, The King of Jazz, City Lights e Sous les Toits de Paris (anzi, Le Million)

Little Caesar Ecco, veramente mi aspettavo moltissimo, forse troppo. Un bel film, ma forse troppo poco nelle mie corde, nonostante il grandissimo Edward G. Robinson. Vale comunque la pena, se siete collezionisti di vecchi film o comunque avete voglia di ripercorrere la storia del cinema (e/o del noir). Lui, il Piccolo Cesare, un piccolo malvivente di origine italiana, ambiziosissimo, entra nelle grazie di un boss e percorre una rapidissima carriera, mentre il suo amico fraterno Joe (Douglas Fairbank Jr. in uno dei primi ruoli, se non proprio il primo) presto fugge per non seguire quella strada. Little Caesar conoscerà poi un’altrettanto fulminea caduta, della quale sarà causa in buona parte proprio l’amicizia con Joe. Presentato come molto violento, in realtà ai nostri occhi scafati appare piusttosto statico e con personaggi macchiettistici e poco credibili, anche se Mervyn LeRoy, intendiamoci, è sempre Mervyn LeRoy e comunque qui parliamo dei primordi di un genere, probabilmente all’epoca era davvero innovativo, ed è ancora considerato uno dei grandi capolavori di tutti i tempi.

King of Jazz non è tanto un film, neppure un musical, ma un insieme di pezzi musicali e balletti intervallati da cartoni animati, sketch, battute, piccole gag. Prima apparizione di Bing Crosby, fino ad allora solo sentito in radio. La carriera di cantante (e anche attore) di Crosby deve sicuramente qualcosa a questo omaggio a quello che allora era una sorta di mostro sacro, ossia Paul Whiteman. Quest’ultimo si era dato da sé quel titolo di re del jazz, che ai tempi comunque gli veniva riconosciuto dai compatrioti, e il film lo vede assoluto protagonista. In seguito, Bing Crosby lo ha persino scalzato dal primo posto quando si parla del cast, (come vedete sopra: “con Bing Crosby e Paul Whiteman”) benché fosse di fatto poco più di una comparsa, e sia pure una comparsa dotata di notevole voce.

Di questo, forse non ci sarebbe bisogno di parlarne. Luci della Città è uno dei più famosi film di Chaplin, ancora nel personaggio del piccolo vagabondo “dagli occhi languidi” (dewy-eyed, dagli occhi rugiadosi, la poetica definizione in inglese). Charlot, si innamora di una fioraia cieca e poco dopo salva la vita a un milionario, il che sembra essere la sua fortuna, ma in realtà è solo l’inizio di nuove traversie. Chaplin ne approfitta per descrivere ancora una volta il mondo nel suo caratteristico modo, insieme consapevole (lui stesso aveva conosciuto la miseria da vicino) e poetico.

Quanto a “Sous les Toits de Paris”, altro capolavoro consigliatissimo, non ne ho trovato in rete che rarissimi e brevissimi spezzoni, per cui propongo al suo posto Le Million, altrettanto René Clair, altrettanto francese, altrettanto teatrale, altrettanto (da quanto ho potuto percepire, dalle notizie sull’altro) buffo e romantico, pur con toni di chiaroscuro. Deliziosa, frenetica caccia, per tutta Parigi (una Parigi di cartapesta, ça va sans dire, meravigliosamente, artisticamente farlocca), a una giacca contenente il biglietto vincente della lotteria, con  tutti gli equivoci del caso. L’ho adorato!

#Film 1925 – The Gold Rush

Con La Febbre dell’oro passo finalmente dai film del 1924 a quelli del 1925. Ci avviciniamo a larghi passi alla nascita del sonoro! Questo è il film con cui Chaplin torna al personaggio di Charlot, dopo un tentativo sfortunato di abbandonarlo almeno temporaneamente con La donna di Parigi. Non so se posso permettermi di dirlo, ma non mi è piaciuto quasi per niente. Più precisamente, mi sono molto annoiata. Per attenuare però la severità del giudizio, aggiungerò che credo molte cose mi siano sfuggite per mia distrazione, e che mi succede non di rado di dover guardare un film almeno un paio di volte per apprezzarlo (ovvio che lo faccio solo con quelli per cui penso che ne valga la pena, e per un film di Chaplin ne vale la pena comunque). Per il momento, Il Monello mi è piaciuto decisamente di più (ma poi, quello lo avevo già visto una prima volta tempo prima).

Brevemente, comunque, è la storia di un cercatore d’oro solitario e della sua lotta contro freddo, fame (che pare che Chaplin avesse sperimentato personalmente, e per questo dipingesse sempre la situazione dei poveri con molta empatia) e avidità, che sfocia anche talvolta nella violenza. L’omino è buffo, destinato a essere preso in giro e a far da vittima ai prepotenti, ma la sua tenerezza e onestà daranno il loro frutto. C’è sempre una delicatezza di fondo, in effetti, che comunque mi spinge a vedere i film di Chaplin fino in fondo, e magari a riguardarli. Alcune scene poi hanno fatto la storia del cinema, dalla trasformazione del Vagabondo in un pollo davanti agli occhi dell’amico affamato, alla casa in bilico sul burrone, alla danza dei panini (informazioni in parte tratte dal sito di mymovies).

Al momento sto guardando The Phantom of the Opera, mi incuriosisce ma non garantisco di riuscire a vederlo tutto, vi saprò dire…