Robin’s Theater 3. Waiting for Godot

Poster for Waiting for Godot

Terzo incontro di Robin col teatro in senso stretto (intendo dire, stand-up a parte). Regia di Mike Nichols (sì, quello, tra gli altri, di Chi ha paura di Virginia Woolf, Il Laureato, Piume di Struzzo) nel ruolo di Estragon accanto a Steve Martin (Vladimir). Purtroppo non esistono registrazioni disponibili al pubblico. Ricercatori e artisti possono fare richiesta per guardare un DVD di questa versione del dramma al New York Public Library’s Theatre on Film and Tape Archive. Prima o poi prendo un appuntamento, è una promessa. E più prima che poi. (Info dal Robin Williams Fansite).

 

SABATOBLOGGER 45 – I blog che seguo

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Cercatore di Favole è un universitario che, come dice il nome, crede alle favole e mi pare che riesca a trovarle anche nel quotidiano. Considerazioni random sulla vita parla di gioie e dolori di un trasferimento (pur temporaneo) all’estero, lingua nuova, persone nuove, nuova realtà, milioni di cose da fare, l’idea di cambiare casa, di camminare per non perdersi e per imparare un luogo che diventerà familiare, un senso di appartenenza anch’esso nuovo, trovato insieme al coraggio di partire. Un angolo di settembre l’ho scelta perché appunto Collezioniamo istanti… Nessuno può portarci via gli istanti, né le favole poggiate all’angolo di Settembre.  31 gocce di pioggia è la celebrazione di un “compleblog”, a mio parere molto bella.

Viaggiando con Bea Viaggi ed esperimenti tra i fornelli, le due grandi passioni di Bea. Io cucino per necessità e qualche volta creo ma preferisco di gran lunga viaggiare per cui le mie scelte riflettono questa preferenza. In particolare, visto che i viaggi sono divisi tra Italia, Europa e Resto del Mondo ne suggerisco uno per categoria per equità 🙂 . Nesso, sul lago di Como, sembra un borgo davvero straordinario. Le foto sono così belle da farmi venir voglia di andarci subito. La Camargue, è un altro dei prossimi posti dove vorrei andare, fuori dall’Italia, ma un viaggio on the road in America è forse in questo momento il sogno più grande (a parte tornare a San Francisco, of course).

Mutazioni del silenzio Riyueren viaggia attraverso le parole e da diverso tempo anche attraverso le fotografie: “Le parole segnano e insegnano i confini, le immagini aprono orizzonti” è il suo pensiero. Che condivido solo in parte, perché con le parole io ho sempre cercato di attraversarli e cancellarli, i confini, ma è bella questa idea di aprire orizzonti con le immagini; ed è bella anche l’idea delle parole come “argini entro cui io scorro come un fiume”, come dice in uno dei suoi post. Naturalmente sappiamo che le parole hanno tanti usi, non tutti capaci di “portare la luce nel cuore”, ma quando sono in mano a qualcuno che le ama, possono davvero nascere meraviglie. E Riyueren le ama molto. Talvolta, come qui, sono lievi come piume, passi di formica, cose infinitamente piccole e infinite. Altre volte sono colori, bianco e nero, la tua scelta di come guardare, di poter vedere il cielo nel cielo. O ancora spine del silenzio, perché nel silenzio si sentono meglio anche le spine, ma a volte è necessario per volare.

Bricolage (Amalia Temperini) si occupa soprattutto di arte. Amalia è infatti un’operatrice culturale e vede l’arte (anche) come modo per contribuire alla credibilità e all’armonia di progetti che possano costituire piccoli o grandi passi verso una maggiore coesione sociale, qualcosa che unisca innovazione e rapporti umani, cultura e tecnologie. Dal mondo com’è a volte si vorrebbe scappare, l’arte può essere un modo di aprirsi alla vita. Le mie scelte: Quando hai 17 anni, recensione di un film francese (di André Techiné) che parla di ciò che può spingere due adolescenti ad avvicinarsi, tra amore, ricerca di sé, differenze e somiglianze, immigrazione, adozione e altri strati. Un’altra recensione, questa volta letteraria, è quella de Lo Straniero, di Camus, in cui ho ritrovato alcune sensazioni che ricordavo avendolo letto molti anni fa, e quel desiderio di capire qualcosa di più di quello che significa estraneità/identità. tra i post d’arte ho preso questo Junk Love, su una mostra di Anna Gramaccia e Simone zaccagnini, perché anche se il vernissage è passato la mostra è ancora in corso (a Napoli) e a qualcuno potrebbe interessare, ce ne sono comunque altre, se andate a curiosare.

Buon viaggio tra i blog, a sabato prossimo!

Cambiamenti

Sai, da quando sei andato via molte cose sono cambiate. A dire il vero, alcune sono rimaste com’erano, è cambiato il mio modo di affrontarle o di percepirle. Ma ogni giorno qualche piccolo dettaglio si modifica, fino a evolvere in cambiamenti grandi. Ho riempito vuoti, creato spazio dove prima tutto si affollava, pensieri, parole, incontri, affetti, cose da fare, desideri. Ho rivisto le mie priorità, se vogliamo dire così: ossia, ho deciso che quello che voglio fare, quello che mi fa piacere e che mi dà gioia ha almeno lo stesso valore, ma probabilmente di più, di quello che devo fare, per cui mi sento responsabile e che pure, intendiamoci,  è un impegno che mi assumo anche volentieri, se non altro perché fa parte del prendermi cura delle cose.

La tua irrequietezza in me è diventata sete di viaggio, che poi è sete di vita e questo è un altro aspetto in cui ci somigliamo. Finché si è vivi si è in viaggio, e viceversa. Ogni volta che sono ferma lo stomaco mi si riannoda in questo che non è altro che una tensione verso qualcosa di nuovo da vedere, imparare, migliorare, sperimentare. Immagino di poter restare indefinitamente solo in un posto, quello che è casa perché c’è la tua ombra e perché di per sé si muove e non si chiude mai, è come se fosse a sua volta in viaggio e lo amo davvero molto sai, del resto la ragione la conosci benissimo.

Sento forte questo desiderio di dare di più di me, sto aprendo di più la porta che dà sul mondo e d’improvviso è come se davvero il mondo mi venisse incontro. Voglio mettermi in gioco. E’ buffo sai, perché questo viene da uno scavo introspettivo, è come se entrando di più dentro se stessi si riuscisse poi a trovare meglio gli altri, beh ma poi lo vengo a dire a te, lo sapevi da una vita, me l’hai insegnato tu. Con le parole ho disegnato un tuo ritratto, uno dei mille possibili, e nel disegnarti sono emersi in parte i miei contorni, i miei colori. Ho scavato prima col bisturi, poi rifinito la ferita col cesello per rendere il dolore più presentabile e quindi più condivisibile. Ho cercato di prendere da te quella eccezionale capacità di scambio tra dentro e fuori, tra intimità e mondo, esperienze personali e universali.

Oggi ho ricevuto una risposta, dall’esterno, dopo una mattinata partita male, l’emozione fortissima di sentir dire, dalla persona da cui più speravo di sentirlo, che il libro lo ha molto colpito, che sono stata capace di trasmettere i sentimenti sulla carta, che quel lavoro che mi pareva, da una parte, quasi un masochistico tormentarsi il male impedendogli di guarire, e dall’altra un portare artificiosità dove volevo essere il più possibile diretta, ha dato in realtà i suoi frutti, perché poi alla fine è importante quello che provi, ma è importante anche dirlo e permettere agli altri di riconoscerlo e di entrarci per uscirne se possibile diversi, anche impercettibilmente, ma comunque non gli stessi di prima. Non so se sto restituendo anche solo una minima parte di quello che ho avuto o se in realtà continuo a ricevere. Forse un po’ tutte e due le cose, ormai ho perso il conto di quello che ti devo, ma dentro tutto questo e la felicità che porta tu ci sei, e questo va bene, molto bene.

Robin’s Theater 2. The Lover – L’amante

Un atto unico di Harold Pinter per la regia di Cynthia Wallis. L’attore a cui inizialmente era andata la parte del protagonista aveva avuto un ruolo in un altro show e chiese se poteva mandare un amico al suo posto, anche lui attore, per l’audizione. Evidentemente la produzione accettò e non ebbe a pentirsene perché l’amico in questione era Robin Williams. La seconda pièce teatrale cui Robin abbia partecipato, nel ’76, dopo The Taming of the Shrew, ebbe come dicevamo il ruolo del protagonista Richard accanto a Catalaine Knell. che interpretava la moglie Sarah. Una coppia borghese che discute molto tranquillamente il fatto che lei è in attesa della visita dell’amante, e il marito accetta di non rientrare prima delle sei per darle modo di incontrarlo. Una standing ovation ogni sera, racconta la regista.

Lo spettacolo andava in scena solo il sabato e la domenica e nelle serate libere Robin, che aveva appena lasciato la Juilliard e New York ed era tornato a San Francisco, si esibiva nei club locali. come ormai sappiamo, era instancabile.

Parole d’argine

Ho parole d’argine, segrete
per quando gonfia troppo il fiume
canto di ciò che tiene la terra quando frana:
un albero di magnolia, forte e fiorito
un angolo di casa al vento
e la notte per confortare la ferita della luce.
Io il fragore dell’onda lo sento dal mattino
provo a smorzare il silenzio del tempo,
lo spietato lume che ci mostra
le miniere nude del cuore, i detriti;
è così lieve il tuo peso da portare
eppure mi pare a volte
che cedano le spalle alla fatica,
all’inquieta stanchezza d’ombre del cielo.
Anima mia, musica del mio sangue,
è troppo fragile questo guscio di noce
l’oceano è grande, sono lacere le vele,
a malapena sfioro il mormorio dell’acqua.
Non c’è limite alla bellezza del mare,
né al suo crudele inganno: sembra
che tutto torni, ma quel che restituisce
non è mai quel che s’era preso.
Dimmi del dolore che si fa poesia e teatro,
parlami delle tue mani diventate ali,
delle migrazioni di uomini e pianeti.
Mi perdo in questo gioco di terre e acque
e fuoco e cielo e nel tuo spazio d’alba
io che ti guardo da lontano
ti vedo come fossi il mio gomito, un ginocchio
le gambe aperte al mondo, l’incrociarsi
dei porti e delle assenze, fino
all’avvicinarsi delle strade. Ti ascolto piano,
a fior di labbra, il mare tra le tue dita
mi dà la misura del mio tempo;
e allora ridi sui miei fianchi, ridi amore mio,
che forse pioverà, e mi cresceranno i fiori
e le ali.

/
I’ve got secret words to build a river bank
when the water rises too much
I sing of what holds the soil when it crumbles:
a magnolia tree, strong and blooming
a corner of a house in the wind
and night, to comfort the wound of light.
The crashing waves I hear since morning
I try to tone down the silence of time,
the ruthless lamp that shows us
the bare mines of the heart, the debris;
you’re such a light weight to carry,
yet sometimes I feel
as if my shoulders may give in to fatigue,
to the restless weariness of the sky shadows.
My soul, music of my blood,
this walnut shell is too fragile
in this big ocean, and torn are the sails,
I can barely touch the whisper of water.
the beauty of the sea is endless,
as is its cruel deception: it seems
as if everything came back, but what it returns
is never the same as what it took away.
Tell me of the pain turned to poetry and theatre
speak to me of your hands, now wings,
of the migrations of men and planets,
I lose myself in this game of earths and waters
and fire and sky; and in your space of dawn
looking at you from a distance,
I can see you as if you were my elbow, or a knee
the legs open to the world, a crossing
of harbors and absences, until the roads
get closer. I listen to you softly, on the edge
of my lips, the sea between your fingers
gives me the measure of my time:
so laugh on my hips, laugh my love,
it will rain, may be, and I’ll grow my flowers
and my wings.

SABATOBLOGGER 44. I blog che seguo

La Vie de Lapin racconta la storia di un coniglio. Un coniglio bianco, nato il 27 luglio del 2013 e dotato di lunghe, morbide orecchie. Per il resto tutto quello che potrete sapere di lui viaggia attraverso i tenerissimi disegni che trovate nel blog. Essendo un coniglio che ama le cose semplici, fa un po’ quello che facciamo o possiamo fare un po’ tutti: si veste per Carnevale, fa le pulizie di primavera, fa la spesa, mangia snack, va in gondola

Orchidea Bliss ha un blog con uno scopo particolare: un diario sì, dove si parla di varie passioni, ma principalmente è rivolto a chi vuole emigrare in Svezia e racconta quindi i passi che precedono il trasferimento, dall’apprendimento della lingua alla burocrazia… Naturalmente non c’è bisogno di essere o voler diventare degli expats per apprezzarla. Si parla per esempio di Adozione (e sì, di frasi idiote rivolte ai genitori adottivi ne sappiamo qualcosa anche noi), di libri e ebook, diete, moda, tè e infusi

Pensieri loquaci (Marta) Un blog nato perché è bello ridere da soli ma condividere l’allegria è meglio; perché riflettere sui temi importanti è pure bello, ma confrontarsi è sempre meglio. Prendiamo la Femminilità boh, io con questo tema mi ci scontro da una vita, mi sento molto donna e molto felice di esserlo, eppure a volte qualcuno dice che per essere “più femminile” dovrei fare così, muovermi colà, e io faccio piccoli passi. Mi piace provarci, qualche volta riesco di più, altre meno. I tacchi 12 mai, però. E la “Pisicologia“? Un modo per sorridere anche delle frasi fatte, delle tante parole, lettere, alfabeti e informazioni che ci circondano. Che comunque, se si sanno usare, possono essere utilissime, non per niente esiste la libroterapia!

Altri pezzettucoli di Sanremo

Boh, Maldestro mi è piaciuto. Le altre non me le ricordo. Ah, sì, ieri ho sentito l’omaggio a Modugno di Ermal Meta, ha un nome che sembra tratto da un fantasy ma in effetti sì, l’inizio mi è sembrato eccessivo, poi mi ha colpito più positivamente. La sua devo ancora sentirla. Fiorella Mannoia brava come sempre, di Paola Turci mi è piaciuta decisamente più la cover della sua canzone, ha una gran voce, dovrebbe sfondare e sembra sempre lì lì per… poi manca qualcosa. Masini con la barba da Grande Vecchio non si può vedere, ma almeno sembra meno triste. Gli altri… c’erano degli altri?

Ok, arrendiamoci un po’ a Sanremo… ma non troppo

Ho approfittato di un momento di pausa oggi per ascoltarmi alcune delle canzoni della serata di ieri senza dovermi sorbire il contorno, perché sono curiosa ma troppo snob per poter sopportare i conduttori, gli ospiti e i vari riempitivi per un tempo superiore ai 15 secondi. Ho sentito il primo paio di canzoni delle nuove proposte distrattamente, continuando a fare altro. Sulla terza mi sono fermata. E più andavo avanti più pensavo “bella”. Sono talmente fuori dal mondo che non solo non sapevo niente di polemiche e robe varie, ma neanche avevo capito che si parlava di migranti (l’ho scoperto andando poi a cercarmi qualche notizia sul cantante). Quindi il mio giudizio, posso dirlo, era del tutto incontaminato da questioni che non fossero “il testo mi piace”, “la musica mi piace”, “la voce mi piace” (così così, ma devo risentirla). Penso che quasi sempre quando una canzone colpisce ci voglia almeno un altro paio di ascolti per capire se poi vale davvero o no, per adesso tutto quello che posso dire è: ho sentito sei canzoni finora, una non mi è dispiaciuta ed era quella di Leonardo Lamacchia, ma l’unica che mi sono fermata ad ascoltare con attenzione, e di cui fino alla fine ho pensato “davvero, davvero bella” è stata quella di Braschi. Per quel che vale…

Footprints

Una delle primissime poesie che ho scritto, forse la prima (di tante), dedicata a Robin, mio punto di riferimento e capitano da una vita. Dovrebbe entrare nel libro, così l’ho tradotta. In attesa che si sbroglino le parole nuove che ho dentro, che come a volte mi succede, sono così tante e confuse da non sapere da dove cominciare a scriverle.

One of the first poems, or the very first, maybe, (of many) I wrote for Robin, my lifelong touchstone and captain. Should go into the book, so I’ve translated it. Waiting for when the new words I’ve got inside will unravel: it happens to me sometimes, there are so many and so entwined together, I can’t even begin to write them down.

L’originale qui The Italian version is here

The road lights up with the sea;
I leave sand footprints behind.
That’s how I spend my time:
watching the shape of my feet
betrayed by ever-changing weaves.
I think of you, even in this crisp air
beneath foreign mists.
I’m looking for the truth of your face
the flight of a kite in full swing
the quiet silence of a wait
that begins and ends in itself
without anything to fill.
I’ve got lips of exacerbated thirst
and no more white storks at my window.
Summer is gone
and you’re not back.

La La Land

Sono stata con mia madre a vedere La La Land stasera. Molto piaciuto. Bei dialoghi, bella musica, bravi gli attori protagonisti (non so se da Oscar, ma comunque ottimi). La storia è solo un pretesto: due giovani di belle speranze – aspirante attrice lei, musicista jazz lui – in cerca di fortuna a Los Angeles) si innamorano tra provini umilianti e serate a suonare musica scadente nei ristoranti. Pesano però i momenti di sconforto che ciascuno attraversa, e pesa il fatto che in un sogno devi metterci tutto te stesso. Sono le scene, i balli, le canzoni, le scenografie che sono magnifici secondo me. L’ho trovato delizioso nei momenti più divertenti e commovente in alcuni punti, fiabesco e realistico. Ne vale la pena di sognare? A un certo punto mi sono chiesta, avessi visto un film così, i sogni che mi sembravano folli, avrei avuto il coraggio di seguirli? O ero troppo attenta a tenere i piedi per terra, benché la mia testa fosse sempre comunque tra le nuvole? Comunque sì, ne vale la pena.

She told me
“A bit of madness is key
To give us new colors to see
Who knows where it will lead us?
And that’s why they need us”

So bring on the rebels
The ripples from pebbles
The painters, and poets, and plays

And here’s to the fools who dream
Crazy as they may seem
Here’s to the hearts that break
Here’s to the mess we make